di Matteo Brogi
Winchester: la prima collezione di abbigliamento
Fondato nel 1866 da Oliver Fisher Winchester, l'omonimo marchio – dopo oltre 160 anni di storia – è tuttora tra quelli americani di maggiore successo. Con la nuova linea di abbigliamento, che si affianca a quella di Browning, propone ai suoi appassionati uno strumento in più per vivere lo stile Winchester a caccia e nel tempo libero. Con un occhio rivolto alla responsabilità ambientale e a quella sociale
La carabina 1873 è stata soprannominata the gun that won the West (l'arma che vinse il West), un appellativo che si può estendere al suo produttore: la Winchester repeating arms company. Azienda iconica nel settore delle armi a leva, nei decenni ha saputo evolversi fino ad aprirsi al settore dell'abbigliamento. Forte del suo legame con Browning – già da tempo attiva nel segmento – oggi integra il suo catalogo con una linea di abbigliamento per la caccia e il tempo libero che non può passare inosservata a chi subisce il fascino del marchio. Secondo le intenzioni dell'azienda – rappresentata da Thierry Smits, precedentemente dirigente nel settore del munizionamento e oggi brand manager Winchester per l'Europa – l'ingresso in questo segmento di mercato servirà a conquistare nuovi spazi, facendo forza su un seguito forte e appassionato. Oltre, evidentemente, ad arricchire un'offerta che adesso può dirsi completa: armi, munizioni, abbigliamento, accessori e armadi blindati, anche questi una novità per il 2022. Se si considera anche il settore ottico – fornito grazie alla stretta collaborazione con Kite Optics – la proposta Winchester è totale e va a soddisfare ogni esigenza dell'appassionato, così come è richiesto a un'azienda globale che vuole promuovere la caccia in tutti i suoi aspetti. Perché lo stile Winchester è prima di tutto uno stato d'animo, la volontà di andare oltre, di scoprire nuovi orizzonti e di pensare fuori dagli schemi.
Due visioni, uno stesso obiettivo
Performance, reliability and practicality – ossia prestazioni, affidabilità e praticità – secondo la più concreta visione americana sono le caratteristiche della collezione Winchester che, rispetto a quella più raffinata commercializzata con il logo Browning, si colloca in un segmento che possiamo definire intermedio nonostante prezzi d'acquisto decisamente contenuti. Al suo sviluppo ha contribuito un piccolo esercito di professionisti: sette stilisti, tre tra ingegneri e tecnici del settore tessile, tre project manager e due responsabili della catena d'approvvigionamento. Una figura, quest'ultima, resa centrale dalle più recenti vicende sanitarie e geopolitiche e dalle conseguenti dinamiche commerciali a livello internazionale.
Nonostante la comune appartenenza al gruppo Herstal, Winchester e Browning hanno due collocazioni differenti perché possiedono due dna alternativi. Cambiano quindi i prezzi, la sofisticatezza tecnica e la destinazione ma, sempre, nell'ottica dichiarata di produrre the best product at the best price in its class (il prodotto migliore al miglior prezzo nel segmento di riferimento).
Winchester privilegia gli appassionati dell'outdoor in genere, cacciatori o abitanti delle aree rurali, che manifestano una spiccata fedeltà al marchio; un utente-tipo che si colloca tra i 18 e i 55 anni di età. Ma non disdegna l'appassionato opportunista venticinque-quarantenne, più legato al mondo cittadino ed eventualmente al tiro sportivo, che veste casual e pratica solo incidentalmente la vita all'aria aperta. In questa ottica ha sviluppato due linee di prodotto: una più tecnica, pensata espressamente per la caccia, e una orientata al tempo libero, per appassionati che desiderano portare anche nella vita di tutti i giorni il loro amore per l'outdoor. È della prima che intendo occuparmi.
Winchester, la collezione 2022
Per provare sul campo le nuove collezioni Winchester e Browning sono stato invitato dall'azienda a una tre giorni che si è svolta nel Domaine de grottes de Han, un parco situato in Vallonia, in Belgio, presso il villaggio di Han-sur-Lesse. Si tratta di un complesso naturale di grotte prodotte dall'azione del fiume Lesse dove ho avuto modo di indossarle in condizioni d'uso e in situazioni ambientali non comuni nella stagione primaverile.
La collezione Winchester 2022 espressamente da caccia si sviluppa così:
Huntsville, una giacca leggera, traspirante, realizzata in poliestere, particolarmente adatta alla caccia alla cerca in virtù della silenziosità della finitura. Si tratta di un capo tecnico, impreziosito da numerose tasche (con carniere a doppia entrata), disponibile in verde, marrone e camo Digi in taglie dalla S alla XXXL. Il prezzo di lancio è di 94 euro (2022);
Kiowa, pantalone con vestibilità slim, coordinato alla giacca nei colori verde e camo Digi. Anch'esso realizzato in tessuto silenzioso, presenta un'ampia tasca cargo laterale a destra e una cintura elastica alla vita. È disponibile nelle misure 38-54 (sono misure francesi, bisogna aggiungerne 4 per ottenere la taglia corrispondente secondo lo standard italiano) al prezzo di 89 euro (2022).
Il resto della collezione, pensato appunto per un impiego casual, include giacche, felpe, t-shirt e, allargando il campo, custodie per armi (linee Flex, distinte per carabine e fucili), valigette porta-munizioni, cappellini, cuffie attive e passive, occhiali protettivi e armadi blindati (da 4 a 9 fucili negli allestimenti Ranger, Select ed Extreme). Si tratta evidentemente di un progetto a lungo termine che prevede sviluppi nel futuro.
Responsabilità sociale e ambientale
Al di là dell'aspetto puramente tecnico e commerciale legato alla produzione Winchester c'è un elemento di questo progetto che mi piace sottolineare, perché particolarmente in sintonia con il mio impegno personale e quello di Hunting Log. Si tratta della sostenibilità che lo informa e che Louis-Marie Deprez e Vincent Bigache, manager del gruppo per quanto riguarda il settore dell'abbigliamento, definiscono come il futuro dell'azienda, lo strumento per entrare sempre più in sintonia con il consumatore. «Come gruppo, vogliamo essere orgogliosi di quello che facciamo – sottolinea Deprez – e stiamo rafforzando un approccio industriale strettamente legato alla responsabilità sociale e ambientale, che per noi sono intimamente legate».
Questo senso di responsabilità si concretizza, anzitutto, in un attento controllo delle condizioni lavorative in cui operano le maestranze che producono in Estremo Oriente per il brand. Perché, sì, quando si parla di produzione industriale, contenimento dei costi e dei prezzi è difficile pensare ad altro se non alla Cina e ai Paesi del continente asiatico. Deprez visita regolarmente tutte le fabbriche che operano per il gruppo: «Sono in numero limitato, quattro o cinque, perché vogliamo mantenere il controllo totale delle condizioni in cui operano, dalla produzione alle condizioni di lavoro». E così vengono privilegiate realtà in grado di garantire condizioni eque e salutari ai dipendenti, che attuano procedure produttive che oggi definiamo environment-friendly, che sono indipendenti dal punto di vista energetico e provvedono al riciclo dell'acqua e delle altre materie, che sono capaci di ridurre le emissioni nell'ambiente, che garantiscono il rispetto di leggi e regolamenti.
L'inquinamento non è un problema degli altri
«Il nostro sviluppo prevede la riduzione delle sostanze chimiche inquinanti impiegate nei processi, il contenimento dell'impiego delle plastiche a favore delle materie riciclabili, quali carte e cartone, e stiamo lavorando per evitare sprechi negli imballaggi e nei trasporti. Per i prodotti a fine vita – anche nel settore dell'abbigliamento – stiamo operando sul riciclo: a molti capi diamo una seconda vita o, dove non è possibile per la complessità del recupero, pensiamo a impieghi alternativi: ai materiali isolanti per l'edilizia, per esempio». Non si tratta evidentemente di un processo facile e che tutti apprezzano, ma questo è il prezzo che dobbiamo pagare sull'altare della nostra responsabilità personale nei confronti dell'ambiente e che un marchio globale deve sostenere nel proprio progetto. «Non è una trasformazione semplice perché tutto il mercato pensa solo al margine» – aggiungono Deprez e Bigache. In un mondo in cui, appunto, il margine è il nuovo dio, evidentemente pagano, cui si è votata la produzione di massa, si può fare di meglio che pensare unicamente al profitto e Browning e Winchester lo dimostrano. Di strada da percorrere ce n'é ancora molta, ma la via è tracciata.
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