di Matteo Brogi
Visori termici: come funzionano?
Dimensione del sensore, lunghezza focale dell'obiettivo, sensibilità termica, densità dei pixel, definizione del display sono alcuni dei parametri che è necessario conoscere per procedere all'acquisto consapevole del termico ideale per le proprie necessità
Sono anni che il tema dell'osservazione notturna tiene campo tra gli appassionati. Se, pure, sono presenti risvolti etici che rendono controverso l'impiego dei visori a caccia (anche come semplici strumenti da osservazione), sono comunemente utilizzati in regime di controllo e, almeno per la specie cinghiale in periodo di peste suina dilagante, Enti come l'Ispra ne suggeriscono un uso più esteso.
È bene premettere che in questa trattazione l'attenzione è dedicata ai dispositivi universalmente conosciuti come termici (che leggono l'infrarosso emesso dagli oggetti) e non all'ampia categoria dei visori notturni che leggono le radiazioni infrarosse riflesse. La tendenza di mercato - condizionata positivamente dallo sviluppo tecnologico - privilegia i primi che, a fronte di un prezzo superiore, forniscono prestazioni tendenzialmente molto elevate a distanze maggiori: sono efficaci in completa assenza di luce così come nell'impiego diurno, permettono di evidenziare minime variazioni di calore in presenza di nebbia e fogliame, sono efficaci in condizioni ambientali poco contrastate e permettono l'individuazione di scie fresche di sangue, consentendo quindi di seguire una traccia in condizioni - come appunto quelle notturne - in cui non si può far affidamento sul cane per il recupero di un eventuale ungulato ferito.
Tra visibile e invisibile
Il funzionamento dei visori termici si basa sull'emissione di radiazioni elettromagnetiche (termiche, nello specifico) che qualsiasi corpo con temperatura superiore allo zero assoluto (-273,15°) emette spontaneamente.
A differenza dell'occhio umano - sensibile a lunghezze d'onda tra circa 380 e 780 nanometri - la termocamera riesce a registrare radiazioni infrarosse all'esterno del campo del visibile (tra 780 e 1.400 nanometri) ampliando quindi lo spettro elettromagnetico all'interno del quale il fruitore dello strumento è in grado di effettuare la sua osservazione. Questo è il motivo per cui - secondo alcuni - l'impiego del termico genera un vantaggio per il cacciatore tale da non rendere più etico il confronto con il selvatico. Lascio le considerazioni di opportunità ad altri contesti per dedicarmi alle tematiche tecniche che aiutano a meglio comprendere il funzionamento di questa tipologia di strumenti e, al limite, a facilitare la scelta tra le numerose offerte del mercato.
Nella scelta dello strumento adeguato alle proprie esigenze è necessario valutare alcune caratteristiche in massima parte dichiarate dal produttore e tra loro interdipendenti. La risoluzione (dimensione) del sensore è certamente un elemento importante ma non definitivo in quanto collegato alla qualità e alla focale dell'obiettivo, alla sensibilità termica, alla densità dei pixel, alla definizione del display e alla qualità del software di gestione e interpolazione delle immagini.
Il primo elemento da valutare: l'obiettivo
Per definire il funzionamento di una termocamera è necessario per prima cosa prendere consapevolezza che le radiazioni infrarosse presentano una lunghezza d'onda che non ne consente l'attraversamento di lenti comuni; per questo motivo i dispositivi termici adottano lenti di materiali speciali - quali il germanio - che permettono alle onde di raggiungere un sensore (microbolometro) in grado di trasformare la radiazione che colpisce ogni singolo pixel in un segnale elettrico.
La lunghezza focale dell'obiettivo associato allo strumento è un fattore che condiziona le sue prestazioni; l'equipaggiamento con obiettivi zoom ottici è rara (perché costosa) e l'impiego dello zoom digitale (che in alcuni modelli raggiunge un fattore d'ingrandimento di 10x) riduce in maniera drastica la qualità dell'immagine. Ecco perché è indispensabile scegliere uno strumento con obiettivo adeguato ai propri bisogni. In linea generale, obiettivi con lunghezza focale ridotta (cosiddetti grandangolari) ben si prestano all'impiego sulle corte distanze e in ambiente boschivo grazie all'ampio angolo di campo che è loro associato; obiettivi di maggiore lunghezza focale (o "tele") sono associati a un angolo di campo ridotto ma consentono l'osservazione e il riconoscimento del selvatico a distanze superiori.
Importante è il diaframma massimo (la sezione dell'obiettivo che permette il passaggio delle radiazioni elettromagnetiche), un dato che può generalmente essere desunto dalla scheda tecnica. Un ampio diaframma (nei migliori termici, tipicamente 1,0) e un obiettivo di ampio diametro permettono il passaggio di un'ampia porzione della radiazione termica restituendo immagini contrastate e di elevata nitidezza.
Sensori: tra risoluzione, formato e sensibilità termica
La resistenza del segnale elettrico prodotto da ogni pixel "eccitato" dalla radiazione termica viene misurata, elaborata e infine associata a uno specifico colore (o sfumatura di grigio). La matrice di pixel fornisce successivamente un'immagine visibile tramite il display collocato nel mirino.
La risoluzione del sensore indica il numero di pixel che lo compongono sui due assi, pertanto la dimensione dell'immagine restituita e la qualità percepita in termini di nitidezza. Sui prodotti di fascia elevata di produzione contemporanea, il sensore è generalmente di formato 4:3 640x480 pixel (0,3 megapixel, utilizzando un metodo di valutazione diffuso nel mondo fotografico) o 640x512 pixel; quanto basta per ottenere immagini apprezzabili tramite il display interno.
Un parametro per valutare la qualità del sensore è la dimensione del pixel (distanza tra i punti centrali di due pixel adiacenti - pixel pitch); ebbene, quando questo valore è ridotto (su dispositivi di qualità, oggi si viaggia intorno ai 12 micron) è più facile l'individuazione della fonte termica e la sua identificazione in virtù del maggior dettaglio visibile; a patto che la lunghezza focale dell'ottica sia adattata a questo particolare parametro: una pixel pitch bassa comporta infatti un ridotto angolo di campo.
Benché si tratti di un dato non unificato da metodologie di rilevazione standardizzate, la sensibilità termica (NETD - Noise equivalent temperature difference) è un valore importante in quanto descrive la capacità di rilevare le differenze di radiazione termica nella scena inquadrata. Maggiore è la sensibilità termica, maggiore sarà l'efficacia dello strumento nel descrivere minime differenze di temperatura, specie alle maggiori distanze. Questo parametro viene misurato in millikelvin (mK): un parametro <30 mK è considerato eccellente, <40 mK ottimo.
La portata, per inciso, è collegata sia alle caratteristiche tecniche del visore (risoluzione del sensore, dimensione del pixel, focale dell'obiettivo) sia alla dimensione della fonte della radiazione termica: la pratica insegna che è necessario che questa impegni almeno tre pixel del sensore perché sia percepibile rispetto all'ambiente circostante.
Da impulso elettrico e immagine definita
Una volta che l'onda elettromagnetica sia stata trasformata in un segnale elettrico, l'algoritmo associato al sistema di elaborazione ricompone l'immagine depurando il segnale dal rumore di disturbo e ottimizzando l'output in maniera che l'osservatore possa valutare le differenze in termini di temperatura. A parità di hardware installato, l'algoritmo sviluppato e associato allo strumento è il parametro in grado di fare la differenza tra uno strumento di buona qualità ma di resa insoddisfacente e uno strumento invece efficiente. Qua, spesso, si gioca la differenza tra prodotti apparentemente simili (la realizzazione dei sensori è concentrata negli stabilimenti di poche aziende che forniscono la componentistica alla maggior parte dei produttori) ma che forniscono immagini di fruibilità differente.
La frame rate indica con quale frequenza il sistema di elabora, ottimizza, aggiorna e rappresenta un'immagine ogni secondo. Frequenze maggiori (tipicamente 50 Hz sui dispositivi di fascia alta) assicurano immagini pulite e fluide nelle tipiche condizioni di osservazione venatoria.
Come si guarda?
All'interno dell'oculare è collocato il display su cui il processore interno ribalta l'immagine catturata dal sensore e successivamente elaborata. Attualmente sono commercializzati display a cristalli liquidi LCoS (Liquid crystal on sylicon) e a diodi Amoled (Active matrix organic light emiting diode), caratterizzati da una minore latenza e, quindi, una maggiore fluidità di osservazione. La risoluzione classica per strumenti di qualità oggi si pone sui 1.024x768 (con sensori quattro terzi) o 1.280x960 pixel.
L'interpretazione della scena sarà resa possibile dalle varie modalità di osservazione. Accanto alle standard White hot e Black hot (con le aree calde rappresentate, rispettivamente, in bianco e nero), sono disponibili le palette Red hot e Rainbow cui talvolta si affiancano modalità proprietarie. Un settore in cui si esalta la soggettività del cacciatore e su cui è difficile dare un consiglio che non sia quello di adeguarsi alle condizioni e ai contesti di osservazione, differenti per la variabilità dell'ambiente naturale.
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