di Diana & Wilde
Topolino? Mai stato contro la caccia
Negli anni Trenta, Topolino era un appassionato cacciatore. Poi i suoi autori si sono adeguati allo spirito dei tempi, avvicinandolo a posizioni ecologiste
di Felice Modica
Ho scritto molte volte che intere generazioni – non solo di italiani – sono state rovinate da Bambi. Il famoso lungometraggio di animazione statunitense, prodotto da Walt Disney e ispirato al romanzo di Felix Salten Bambi, la vita di un capriolo, di cui si è già scritto su Hunting Log, uscì negli Stati Uniti il 13 agosto 1942 e in Italia l’11 febbraio 1948. Da notare che, per il film, la Disney si prese la libertà di cambiare la specie di Bambi (che era, appunto, un capriolo) in un cervo dalla coda bianca. Ciò, in quanto i caprioli non sono diffusi negli Stati Uniti e il cervo dalla coda bianca sarebbe stato più facilmente riconoscibile per il pubblico americano.
Intendiamoci, il film d’animazione è un capolavoro, che sfiora a tratti la poesia. Senza nulla togliere al suo valore artistico, è chiaro, però, che non è un testo scientifico, ma di fantasia. Nondimeno, ha influenzato enormemente milioni di persone, portandole ad avere un approccio pietistico, quindi sostanzialmente falso con la natura.
Il fraintendimento di Bambi
Bambi – è noto – resta orfano perché il cacciatore cattivo ha ucciso la sua mamma e questo fece piangere anche me, da bambino… Studiando un poco, però, si apprende che gli ungulati, privi di predatori naturali, tendono a riprodursi a dismisura e, per nutrirsi, arrivano a danneggiare gli alberi. Poi, causa sovrappopolazione, sono colti da epizoozie, ovvero epidemie di varie malattie infettive (esempio, cheratocongiuntiviti) e, ove sopravvivano, saranno destinati a una morte orribile fatta di stenti, poiché essi stessi, distruggendo il bosco in cui abitavano, si sono privati di ogni risorsa alimentare. Il cacciatore “cattivo”, che intervenga con prelievi programmati, evitando il sovrappopolamento, smette allora magicamente di essere “cattivo” e diventa l’oculato gestore di una risorsa naturale che, per non esaurirsi, deve essere mantenuta in equilibrio.
Ovviamente, la Disney, oltre a creare personaggi immortali, ha avuto un grande fiuto imprenditoriale, riuscendo a essere lo specchio fedele della società del suo tempo e, alcune volte, addirittura anticipando il sentimento popolare. Per comprenderlo basterebbe leggere i testi fondamentali del filosofo della scienza Giulio Giorello, a proposito della “filosofia di Topolino” e della “filosofia di Paperino”. Va detto, tuttavia, che l’attuale atteggiamento anticaccia (che prese l’avvio nel 1942 in America e nel 1948 in Italia con Bambi, appunto) non è stato sempre presente nei fumetti disneyani. Al pari, del resto, dell’idiosincrasia per le armi.
Dal 1928 ai giorni nostri
Se oggi Topolino è ecologista e non usa le armi, in quasi tutte le storie che vanno dal 1930 al 1945 (Topolino nasce il 18 Novembre 1928, è uno scorpione come me…) maneggia una pistola o un fucile con destrezza e nonchalance. Nella bellissima storia (un capolavoro) Topolino alla caccia del bandito pipistrello (Mickey Mouse and the Bat Bandit), del grande Floyd Gottfredson, comparsa a puntate dal 30 aprile al 28 luglio 1934 in America e in Italia a cavallo tra il 1934 e il 1935 per l’editore Nerbini, il nostro eroe mostra tanta familiarità con le armi da terrorizzare involontariamente il postino andando ad aprire la porta di casa con una Colt in mano. Inoltre, giunto nel ranch di zio Mortimer in Australia (dove lo troviamo anche in Topolino contro Wolf, il terribile brigante del West, del 1933), di fronte a un grasso manzo, esclama che se lo papperebbe volentieri! Cosa oggi impensabile.
In Topolino e Minni alle prese con il purosangue Piedidolci del 1933 (storia a suo modo rivoluzionaria, perché di denuncia della corruzione e del gangsterismo americani), Topolino ha comprato un cavallo proveniente da una fabbrica di colla. Gliel’hanno spacciato per purosangue e lo allena per vincere all’ippodromo. Coinvolge il cane Pluto negli allenamenti e questi dà sfoggio delle sue qualità venatorie, fermando in stile un fagiano. A tale proposito, ciò farebbe propendere per la tesi che Pluto sia un bracco e non un bloodhound o chien de Saint-Hubert, come alcuni ritengono.
Topolino: parla la sua storia… personale
Sono moltissimi gli esempi che attestano la simpatia di tutta la banda Disney per l’attività venatoria, come dimostra, per esempio, la collezione italiana de Il Topolino d’oro pubblicata in Italia negli anni 70, sotto la direzione del mitico Mario Gentilini e contenente tutte le storie originali e integrali dal 1930 al 1945. I tempi poi cambieranno e un personaggio pubblico come Topolino si adeguerà. In effetti, senza mai, nelle storie, assumere toni radicali da crociata. Pur con qualche scivolone, ad opera di titolari di rubriche sul giornalino che sembrerebbero averlo scambiato per l’organo della LAV.
Ma Topolino resta al di sopra di queste piccole cose. Parla la sua storia personale; sono lì, a testimonianza, le più belle avventure, quelle che usano un linguaggio universale e senza tempo. Che piacciono a tutte le età e in cui la caccia non è certo malvista…
Articolo concesso da Diana & Wilde / Edizioni Lucibello, ottobre 2024
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