di Matteo Brogi
Swarovski dS 5-25x52 P Gen II, pura tecnologia
Un cannocchiale avveniristico, digitale e iper connesso, in cui l'elettronica la fa da padrona e fornisce all'utilizzatore una serie di benefit aggiuntivi. Strumento concettualmente differente dalle ottiche da puntamento più tradizionali, ha potenzialità che – se correttamente sfruttate – aggiungono consapevolezza all'uscita di caccia di selezione
Il nuovo dS, lanciato ormai da qualche anno è un'ottica che di tradizionale non conserva molto. Fornita di un'importante componente elettronica, di un telemetro interno e di sensori in grado di misurare pressione atmosferica, temperatura e inclinazione, rappresenta un sistema in grado di stravolgere l'esperienza di caccia per come l'abbiamo finora intesa. L'accoppiamento a un dispositivo smart - mediante Bluetooth e l'applicazione proprietaria dS Configurator - permette di inserire le performance balistiche di calibro e munizione impiegata. Et voilà, il dispositivo fornisce - alla pressione di un bottone, quello che attiva il telemetro - il corretto punto d'impatto spostando il punto rosso lungo l'asse verticale del reticolo. Ma pure ai suoi lati se abbiamo inserito le indicazioni riferite al vento laterale. Così, con il dS, non è più necessario sfruttare un telemetro esterno per valutare la distanza del selvatico e apportare le modifiche all'alzo in base alla curva balistica che, se siamo previdenti, ci portiamo sempre dietro. Il dS fa tutto da solo.
Rivoluzionario
Il nuovo cannocchiale Swarovski si distingue anche esteticamente dalla tradizione. È un po' più lungo e pesante del normale e riporta al centro due sole torrette. Una per la regolazione della parallasse, la seconda per contenere l'ingombrante batteria CR123, una chiave a brugola e la ghiera amovibile da utilizzare per la regolazione micrometrica del punto d'impatto.
I registri per l'azzeramento sono posti sulla campana dell'obiettivo, sotto due coperchietti assicurati al corpo dell'ottica da un grano con testa esagonale (a cui è destinata la chiave a brugola). Per apportare le modifiche è indispensabile utilizzare la ghiera contenuta nella torretta. Una volta azzerato il reticolo alla distanza preferita, si può serenamente chiudere le torrette, riporre ghiera e chiave e dimenticarsene.
Il resto dei comandi è collocato sull'oculare. Un comando gommato permette di selezionare l'ingrandimento preferito nell'ampio range proposto (il fattore zoom è pari a 5x). I due tasti laterali provvedono alla regolazione della luminosità del punto rosso e delle altre informazioni presentate nel display interno. Il bottone centrale sovrintende all'accensione del dispositivo e alla misurazione telemetrica.
Una volta che si sia proceduto all'azzeramento, il secondo step di configurazione dell'ottica prevede l'accoppiamento tra il dS e il dispositivo smart e la successiva impostazione di tutti i parametri soggettivi (distanza di azzeramento, distanza dell'asse dell'ottica da quello della canna, calibro, munizione impiegata, eventuale velocità del vento laterale) mediante l'applicazione fornita gratuitamente e costantemente aggiornata dal produttore. Operazione semplicissima, a prova di errori. L'app ha un database molto esteso e consente l'inserimento di parametri individuali da parte di chi spari munizionamento ricaricato o intenda rielaborare la tabella standard della propria munizione in relazione alle prestazione che effettivamente produce con la specifica arma impiegata. Non mi stancherò mai di ripeterlo: spesso tra i valori standard e quelli reali ci sono differenze che già a 200 metri possono mettere in discussione l'abbattimento.
A questo punto la configurazione è conclusa e, alla semplice pressione del bottone di attivazione, il sistema evidenzierà nel campo inquadrato la distanza del selvatico, il punto di mira compensato in relazione a tutti i parametri impostati e, dettaglio molto interessante, l'energia cinetica residua del proiettile alla distanza d'impatto.
Il confronto con la tradizione
Le differenze dimensionali e ponderali tra i un cannocchiale tradizionale e il dS sono evidenti: se lo raffrontiamo al top di gamma Swarovski Z8i 2,3-18x56 P L si tratta di quattro centimetri in lunghezza e 3 etti e mezzo di massa; non tanti a livello assoluto ma neppure pochi in termini di differenziale. E non va dimenticato che, mentre lo Z8 sfrutta un classico tubo da 30 mm, il dS necessita di uno di addirittura 40 millimetri. L'arma che monta il dS risulta inevitabilmente più ingombrante e meno brandeggiabile anche se bisogna dire che questo prodotto non nasce esattamente per la caccia nel bosco. Semmai per la cerca, in contesti ambientali che, anche senza voler volare fino all'Asia centrale, mi immagino quantomeno alpini.
Guardando al complesso ottico c'è un elemento che balza agli occhi: il valore di trasmissione luminosa del dS. Se lo Z8 promette un buon 93%, l'ottica elettronica offre ben 10 punti percentuali in meno, sicuramente penalizzata dalla quantità di elettronica e dalla complessità del reticolo che la equipaggia.
A colmare questa lacuna, con il dS il cacciatore ha tutte le informazioni di cui necessita alla pressione di un pulsante. Un cacciatore esperto e con una certa manualità fa tutto in pochi secondi, è vero, ma è costretto a destreggiarsi tra due strumenti e in calcoli non sempre banali.
La regolazione del dS, grazie all'applicazione che gli è dedicata, è banale. Lo ripeto, banale. Immediato è l'accoppiamento con lo smartphone (operazione che deve essere eseguita una volta, solo in fase di programmazione) e semplice l'inserimento dei parametri richiesti.
A margine di queste note si apre semmai il tema della liceità etica di strumenti questo genere. Come afferma Swarovski nella sua comunicazione, il dS è stato pensato per aiutare il cacciatore a concentrarsi sugli aspetti essenziali della caccia. E permettergli di non pensare ad altro se non alla cerca e al corretto piazzamento del colpo. Spogliandolo, in sostanza, di parte delle sue competenze. Un tema intrigante, che si apre a mille considerazioni e, in fin dei conti, mette a confronto scelte di vita "venatoria" tra loro molto differenti. Nel corso del mio test, mi sono sentito un po' deresponsabilizzato, quasi svuotato di un'abilità a cui tengo molto, ma in effetti ho sparato in grande scioltezza e sicurezza. Con la certezza psicologica che nessun mio errore in termini di regolazione dell'ottica avrebbe compromesso la mia prestazione. Pur essendo uno strumento potentissimo, però, il non autorizza a spengere il cervello né a tentare di oltrepassare i propri limiti. L'etica, quella, non cambia. Non è situazionista, come si dice oggi. Si tratta come sempre di darsi un limite e di rispettarlo.
Tratto dall'articolo pubblicato su Cacciare a Palla, giugno 2019.
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