Tra le specie cacciabili, quelle interessate sono volpe e cinghiale per i mammiferi, gazza, taccola e cornacchia grigia e nera per gli uccelli. La volpe ha una funzione selettiva non trascurabile nei confronti della selvaggina più debole purché la sua presenza sia in equilibrio con l'ecosistema
Tra le specie cacciabili, quelle interessate sono volpe e cinghiale per i mammiferi, gazza, taccola e cornacchia grigia e nera per gli uccelli. La volpe ha una funzione selettiva non trascurabile nei confronti della selvaggina più debole purché la sua presenza sia in equilibrio con l'ecosistema - © Alberto Peracchio
Pubblicato il in Conservazione
di Diana & Wilde

Specie opportuniste, la soluzione è la gestione

Cornacchia grigia, taccola, gazza, gabbiano, cormorano, storno, piccione, airone e corvo per gli uccelli, volpe e cinghiale per i mammiferi presentano un'adattabilità elevata al mutare delle condizioni ambientali e mettono a rischio le specie vulnerabili. Per questo vanno gestiti

di Massimo Camus

Quasi sempre le specie opportuniste si collocano ai vertici della catena alimentare e per il loro sostentamento predano uova, nidiacei, piccoli nati ma anche esemplari adulti di altre specie. Così, mentre alcune specie di animali sono in declino e si estinguono, altre molto adattabili come cornacchia grigia, taccola, gazza, gabbiani, cormorani e aironi per gli uccelli, volpe, cinghiale per i mammiferi, proliferano in modo innaturale, grazie all'abbondanza dei rifiuti alimentari e alla mancanza di super predatori.

Il dilagare di specie predatrici opportuniste mette a serio rischio la conservazione di specie vulnerabili, come gli uccelli che nidificano al suolo, è quindi indispensabile che i Paesi della UE prevedano il controllo dei predatori quale azione prioritaria per riportare le varie specie a uno stato di conservazione favorevole. In molte zone la presenza di volpi, cinghiali, corvidi, gabbiani reali, cormorani, aironi eccetera riduce al minimo il successo riproduttivo compromettendo il recupero delle popolazioni e la loro conservazione.

La biodiversità va tutelata davvero

Per questo sono state presentate diverse interrogazioni affinché la Commissione europea si attivi sulla gestione al pari di quanto già indicato per il contrasto delle specie alloctone invasive e in un'ottica generale di tutela della biodiversità, esprimendo linee guida e un eventuale elenco di specie destinate al controllo, da affidare ai portatori di interesse direttamente coinvolti, ovvero cacciatori, agricoltori, proprietari dei fondi e pescatori, così che gli stessi possano essere i protagonisti di azioni concrete, efficaci e mirate.

Esistono poi specie opportuniste che non rientrano tra quelle cacciabili - se non in deroga - ma che arrecano grossi danni oltre che naturali anche economici; tra queste rientrano animali come il gabbiano reale, lo storno (in foto), il cormorano, il colombo domestico
Esistono poi specie opportuniste che non rientrano tra quelle cacciabili - se non in deroga - ma che arrecano grossi danni oltre che naturali anche economici; tra queste rientrano animali come il gabbiano reale, lo storno (in foto), il cormorano, il colombo domestico - © Kamp76

In poche parole, il termine specie opportunista è una definizione addolcita, per indicare tutte quelle specie che fino a qualche tempo fa venivano indicate come nocive e, secondo me, in molti casi, andrebbero ancora considerate come tali. Come detto, queste sono specie che, rispetto ad altre, sono molto adattabili e proliferano in modo innaturale, grazie all'abbondanza dei rifiuti alimentari ed alla mancanza di predatori diretti ed è per questo che l'uomo ha il dovere di sostituirsi ad essi per ristabilire gli equilibri naturali.

Gli effetti limitati della caccia

Quasi sempre gli effetti della caccia come viene attualmente praticata sono trascurabili o perlomeno insufficienti, vista anche l'esistenza di istituti di protezione e di salvaguardia della fauna selvatica (parchi nazionali e regionali, oasi di protezione, riserve naturali). Sarebbero infatti necessari interventi di oculata gestione faunistica per il contenimento numerico di queste specie, al fine di ridurre il più possibile il loro impatto sulle altre popolazioni animali e favorire l'incremento di queste ultime, evitare problemi alle colture, al patrimonio forestale, al traffico veicolare e per la salvaguardia dei cittadini.

Mentre alcune specie di animali sono in declino e si estinguono, altre molto adattabili come la cornacchia grigia proliferano in modo innaturale grazie all'abbondanza dei rifiuti alimentari e alla mancanza di super predatori
Mentre alcune specie di animali sono in declino e si estinguono, altre molto adattabili come la cornacchia grigia proliferano in modo innaturale grazie all'abbondanza dei rifiuti alimentari e alla mancanza di super predatori - © Supaplex

Questi interventi consistono, in primis, con la realizzazione di censimenti delle varie popolazioni esistenti, la limitazione delle risorse alimentari di origine umana sparse sul territorio (abbandoni di rifiuti e discariche abusive); per i corvidi, utilizzo di trappole Larsen; infine, soprattutto per le specie cacciabili, l'attuazione di precisi controlli di abbattimento selettivo.

Tra le specie cacciabili quelle interessate sono volpe e cinghiale per i mammiferi, gazza, taccola e cornacchia grigia e nera per gli uccelli. Dobbiamo ribadire il concetto che non c'è caccia se non c'è ambiente e non c'è ambiente se non c'è gestione e l'unico tipo di gestione possibile, in questi casi, è la caccia.

Controllo e gestione delle specie opportuniste

Vediamo allora cosa si intende quando si parla del delicato argomento di controllo e gestione di quelle specie in continuo aumento a discapito non solo di altre, ma anche di ambiente e agricoltura. Tutti i cacciatori che amano la natura sperano sempre di poter vedere le specie selvatiche in buona salute e in continuo aumento grazie alla riuscita di nidiate e cucciolate nel periodo riproduttivo; queste belle e lecite aspettative, dovrebbero essere sostenute con l'impegno, soprattutto da parte di chi gestisce il mondo della caccia, magari implementando la lotta ai predatori opportunisti.

In Francia dal 2003 il Codice dell'ambiente elenca le specie di fauna selvatica classificate nocive e i periodi nei quali è consentita la
In Francia dal 2003 il Codice dell'ambiente elenca le specie di fauna selvatica classificate nocive e i periodi nei quali è consentita la "destruction", ovvero la cattura. Tra i mammiferi, la donnola (in foto), la faina, la martora, la puzzola e la volpe, tra gli uccelli, il corvo, la cornacchia nera, la gazza, la ghiandaia e lo storno - © Isidora Kyriazi

Sicuramente nell'equilibrio naturale esiste una funzione selettiva non trascurabile svolta nei confronti della selvaggina più debole da predatori come la volpe e i rapaci, ma tutto questo non può essere valido, se non entro certi limiti, per specie in crescita esponenziale e prive a loro volta di predatori in natura, come per esempio i corvidi. È in questo ambito che l'intervento selettivo operato da parte dell'uomo, cacciatore nello specifico, ripristina o perlomeno dovrebbe ripristinare gli equilibri naturali compromessi.

Il ruolo dei cacciatori

Sicuramente, per una seria analisi critica del problema, anche noi cacciatori dobbiamo assumerci la nostra piccola parte di responsabilità che sta magari nel non considerare di particolare interesse venatorio la caccia a queste specie, non dedicando il giusto tempo e la stessa passione che magari si impiegano nelle altre "discipline" venatorie, anche perché, complice di questo stato di cose, ci si confronta con un ridotto calendario unitamente ai mille divieti che magari limitano nelle uscite da dedicare ai nostri selvatici d'elezione. Non va sottovalutato comunque che la scaltrezza e la diffidenza di questi selvatici conferisce loro un innegabile valore venatorio.

In Francia, la gazza (in foto) e la ghiandaia possono essere abbattute con il fucile dalla chiusura della caccia e sino al 31 marzo, prorogabile sino al 10 giugno quando siano coinvolte le attività antropiche e l'equilibrio biologico e sino al 31 luglio per prevenire importanti danni alle attività agricole e non ci sia altra soluzione soddisfacente
In Francia, la gazza (in foto) e la ghiandaia possono essere abbattute con il fucile dalla chiusura della caccia e sino al 31 marzo, prorogabile sino al 10 giugno quando siano coinvolte le attività antropiche e l'equilibrio biologico e sino al 31 luglio per prevenire importanti danni alle attività agricole e non ci sia altra soluzione soddisfacente - © Zeynel Cebeci

Sta di fatto che, per arginare l'esplosione demografica, in particolare dei corvidi, le contromisure efficaci sono sicuramente da implementare a stagione venatoria conclusa: in linea di massima si interviene attraverso l'utilizzo di trappole Larsen, le quali funzionano sfruttando il carattere aggressivo e territoriale durante il periodo riproduttivo di questi animali che non sopportano l'intrusione di un consimile all'interno del proprio territorio e pertanto cadono nelle trappole nel tentativo di scacciarlo.

Specie opportuniste e loro gestione

Sempre per i corvidi e altre specie, sarebbe una valida alternativa l'uso di quei calibri a canna rigata detti appunto Varmint come il .223 Remington o il .243 Winchester, nati per questo specifico uso selettivo, magari anche di notte quando molte specie sono certamente più attive, ovviamente con ogni precauzione e cautela da parte dei controllori. Questo permetterebbe, almeno nel caso dei corvidi, di poter intervenire da distanza notevole, magari sui branchi di animali a terra in pastura, scongiurando ogni pericolo e, soprattutto, evitando maldestri tentativi di avvicinamento che data la vista e la diffidenza di questi animali risulterebbero vani. In ogni caso, prima di qualsiasi tipo di intervento è fondamentale basarsi su dati certi e scientifici, pertanto, andranno fatti accurati censimenti delle varie popolazioni esistenti, obbligatori tra l'altro per l'ISPRA.

Esistono poi tutte quelle specie opportuniste che non rientrano tra quelle cacciabili ma che arrecano grossi danni oltre che naturali anche economici; tra queste rientrano animali come il gabbiano reale, lo storno, il cormorano, il colombo domestico. Sono tutte specie che non sono state introdotte dall'uomo ma erano già presenti ed, essendo estremamente adattabili, hanno approfittato delle modificazioni ambientali ed hanno imparato a vivere in città, come i gabbiani, gli storni ed i colombi che trovano cibo abbondante nei rifiuti e tetti sicuri dove riprodursi aumentando di numero ogni anno. Purtroppo, per la cecità di qualcuno, sono diventati un problema davvero serio.

Il cormorano: 10 chili di pesce al mese

Il cormorano, tutelato dalla normativa vigente, ha una grandissima diffusione e il suo incremento numerico è costante: dovrebbe essere oggetto di drastici piani di contenimento per l'impatto prodotto negli impianti di ittiocoltura, nei laghi grandi e piccoli e nei fiumi. Ogni singolo cormorano mangia fino a 10 chili al mese di pesce. Consideriamo che in Lombardia ne sono stati censiti quasi 9.500, in Toscana solo nella laguna di Orbetello se ne contano 3.000, in Piemonte sul lago di Viverone 900 e avanti di questo passo. Ma non è solo una questione economica, perché a essere minacciato è l'intero ecosistema. Per tenerli a bada secondo alcuni esperti bisognerebbe abbatterne almeno il 10%, invece i tecnici di Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ritengono sia sufficiente liquidarne il 3%.

Il cormorano, tutelato dalla normativa vigente, ha una grandissima diffusione e il suo incremento numerico è costante: dovrebbe essere oggetto di drastici piani di contenimento per l'impatto prodotto nei laghi grandi e piccoli e nei fiumi. Ogni singolo cormorano mangia fino a 10 chili al mese di pesce
Il cormorano, tutelato dalla normativa vigente, ha una grandissima diffusione e il suo incremento numerico è costante: dovrebbe essere oggetto di drastici piani di contenimento per l'impatto prodotto nei laghi grandi e piccoli e nei fiumi. Ogni singolo cormorano mangia fino a 10 chili al mese di pesce - © Ugo Segalini

Negli ultimi decenni l'attenzione crescente dell'opinione pubblica al fenomeno pest species relativamente ai disagi subiti dalla popolazione ha contribuito a sottolineare problematiche rilevanti quali condizioni igienico-sanitarie precarie, danni subiti dalle attività produttive e dalle strutture a cui bisogna aggiungere gli ingenti danni al patrimonio artistico che questi animali comportano.

Gabbiano reale: aggressività e rischi sanitari

Il gabbiano reale, soprattutto nei siti scelti per la nidificazione, tende a creare confusione emettendo richiami anche nelle ore notturne e diventando aggressivo nei confronti di quanti considera intrusi presso il nido limitando, in tal modo, l'accesso alle persone su tetti e terrazze; inoltre, il rilascio di escrementi, materiali vari e rifiuti provoca occlusione di grondaie, prese d'aria, sfiatatoi e tubi di drenaggio. Poiché i gabbiani volano in gruppi e lentamente, possono non essere abbastanza rapidi da sfuggire alla traiettoria dei velivoli creando, quindi, pericoli per la sicurezza aerea e provocando impatti (bird strike) soprattutto in fase di decollo e atterraggio degli aerei. I problemi si intensificano quando l'aeroporto è ubicato tra le località utilizzate dai gabbiani per alimentarsi (ad esempio le discariche di RSU) e i luoghi dove trascorrono la notte. Infine, non dobbiamo dimenticare che questi uccelli rappresentano dei potenziali rischi sanitari per esseri umani e animali domestici, in particolare la salmonella. I rischi sanitari aumentano qualora un gran numero di gabbiani frequenti riserve idriche ad uso potabile.

Il gabbiano reale, soprattutto nei siti scelti per la nidificazione, tende a creare confusione emettendo richiami anche nelle ore notturne e diventando aggressivo nei confronti di quanti considera intrusi presso il nido; problematico è anche il rilascio di escrementi
Il gabbiano reale, soprattutto nei siti scelti per la nidificazione, tende a creare confusione emettendo richiami anche nelle ore notturne e diventando aggressivo nei confronti di quanti considera intrusi presso il nido; problematico è anche il rilascio di escrementi - © Pierre Sellim

Il maledetto piccione

Il colombo domestico o piccione e lo storno nelle città causano danni in quanto i loro escrementi creano il deterioramento dei monumenti e dei fabbricati: la componente acida del percolato scioglie il carbonato di calcio danneggiando marmi ed intonaci. Oltre al danno strutturale si deve considerare che il composto organico a reazione acida offre un elemento costitutivo ideale alla moltiplicazione di organismi microscopici, quali muffe e funghi che ricoprono le superfici. Inoltre, quando dalle città si spostano nelle campagne, arrecano grandissimi danni all'agricoltura, senza contare che sono potenziali vettori di malattie molto pericolose, contagiose sia per l'uomo che per gli animali domestici; ne citiamo solo alcune tra le più comuni e pericolose: Salmonellosi, Criptococcosi, Istoplasmosi, Ornitosi, Aspergillosi, Candidosi, Clamidosi, Coccidiosi, Encefalite, Tubercolosi. Inoltre, associata alle colonie di volatili, c'è sempre la presenza dei loro ectoparassiti, in particolare pulci, cimici, zecche (zecca molle del piccione, Argas reflexus) ed acari, che spesso causano forti infestazioni all'interno di edifici ove sono posti i nidi, soprattutto all'interno dei sottotetti. Solai lordati dai loro escrementi, guano e carcasse contaminano pericolosamente l'ambiente e sono fonte di seri problemi igienico-sanitari, essendo questi insetti a loro volta vettori di gravi malattie infettive ed anche potenziali parassiti dell'uomo.

Cosa fa la Francia

È assolutamente necessario intervenire perché come abbiamo detto all'inizio l'uomo deve poter intervenire, ed è possibile farlo; non siamo vincolati da normative europee, come alcuni dicono: basterebbe la volontà politica e un dialogo serio e non fazioso con l'ISPRA. Basti pensare che in Francia dal 2003 esiste il Code de l'environnement, Codice dell'Ambiente, dove si elencano le specie di fauna selvatica classificate nocive (tra i mammiferi, la donnola, la faina, la martora, la puzzola e la volpe e, tra gli uccelli, il corvo, la cornacchia nera, la gazza, la ghiandaia e lo storno) e i periodi nei quali è consentita la "destruction", ovvero la cattura. Ad esempio, donnola, faina, martora e puzzola possono essere catturate con trappole tutto l'anno entro i 250 metri da fabbricati, installazioni d'allevamento e nelle aree inserite nei piani di sviluppo per la fauna selvatica (le nostre ZRC).

La volpe può essere catturata tutto l'anno con trappole, stanata con l'affumicazione ecologica o con i cani da tana. Il corvo e la cornacchia nera possono essere catturati con le trappole in tutto il territorio per l'intero anno. Anche con il fucile, dalla chiusura della caccia e sino al 31 marzo, prorogabile sino al 10 giugno, nel caso non esista altra soluzione soddisfacente. La gazza e la ghiandaia possono essere abbattute con il fucile dalla chiusura della caccia e sino al 31 marzo, prorogabile sino al 10 giugno quando siano coinvolte le attività antropiche e l'equilibrio biologico e sino al 31 luglio per prevenire importanti danni alle attività agricole e non ci sia altra soluzione soddisfacente; da appostamento fisso nelle aree orticole, frutticole e nelle zone di ripopolamento faunistico, possono essere catturate con le trappole tutto l'anno. In tutti i casi è vietato lo sparo ai nidi.

Lo storno (che è specie cacciabile) può essere abbattuto con il fucile dalla chiusura della caccia e sino al 31 marzo, prorogabile sino all'apertura della caccia nel caso non esista altra soluzione soddisfacente e le loro popolazioni danneggino le attività umane e l'equilibrio biologico.

E c'è anche il lupo

Tra gli opportunisti, che esistevano in passato nel nostro paese, inserirei anche il lupo, una specie che risulta in grande espansione e che sta creando seri problemi all'allevamento e danni economici non indifferenti. Sono sicuro che questa affermazione a molti non piacerà, ma si deve capire che in un territorio come quello in cui viviamo, fortemente antropizzato, questo deve essere gestito in modo scientifico e il più efficace possibile. È l'uomo che deve occuparsi di curare la fauna con interventi seri ed appropriati senza isterismi animalisti. Il lupo ormai è arrivato nei paesi e nelle città dove attacca e uccide non solo pecore, capre, asini, vitelli, cavalli ma anche cani e gatti, rendendosi protagonista di alcuni attacchi all'uomo. Nessuno dice che bisogna sterminarlo ma dargli una regolata è indispensabile.

Articolo concesso da Diana & Wilde / Edizioni Lucibello, giugno 2024

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