di Matteo Brogi
Selvatici e buoni: la proposta di filiera di Fondazione UNA
Selvatica, sicura, sostenibile. Questi tre aggettivi definiscono la filiera delle carni selvatiche ideata da Fondazione Una e concretizzata nel progetto pilota Selvatici e buoni tra il 2017 e il 2019. Frutto di quell'esperienza è un Manuale operativo che la Fondazione, insieme all'Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo e la Società italiana di medicina veterinaria preventiva, ha stampato e propone agli addetti ai lavori
Selvatiche e buone. Ma pure sicure e sostenibili. Le carni di selvaggina hanno numerosi pregi e il loro utilizzo favorisce lo sviluppo di territori marginali e la sostenibilità ambientale. Oltre a essere un formidabile strumento di promozione della pratica venatoria. È questo il motivo per cui nel 2017 Fondazione UNA ha avviato il progetto Selvatici e Buoni in provincia di Bergamo. I risultati di quell'esperienza hanno portato alla redazione di un manuale operativo che ha lo scopo di fornire ai decisori (enti locali, istituzioni) tutti gli strumenti per avviare una filiera selvatica in altre realtà.
Il Manuale condensa un lavoro multidisciplinare che mette a fattor comune le competenze del mondo scientifico, accademico e venatorio e le esperienze pratiche maturate per illustrare cosa è stato fatto e, in definitiva, cosa si può fare oggi per dare un impulso alla filiera. Tre le parole chiave: formazione, ricerca e comunicazione.
Il Manuale operativo, la presentazione
Alla conferenza stampa di presentazione del 9 maggio 2024 - presso la Sala stampa della Camera dei deputati - erano presenti Maurizio Zipponi e Marina Berlinghieri, rispettivamente presidente e responsabile delle relazioni istituzionali di Fondazione UNA, Silvio Barbero, vicepresidente dell'Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo e Antonio Sorice, presidente della Società italiana di medicina veterinaria preventiva, in rappresentanza dei gruppi di lavoro che hanno contribuito al successo del progetto. Il mondo della politica era rappresentato dagli onorevoli Raffaele Nevi (Forza Italia) e Stefano Vaccari (Partito democratico), entrambi componenti della XIII Commissione (Agricoltura).
Zipponi, che ha portato la voce di Fondazione Una, ha ribadito che «Lo scopo del progetto Selvatici e Buoni non è solamente quello di instaurare un circolo virtuoso tra i soggetti coinvolti, ma di delineare un processo che consenta la creazione di una filiera di carni selvatiche controllata, legale e sicura dal punto di vista igienico-sanitario, in grado di garantire uno sviluppo sostenibile e un ritorno sociale, economico e occupazionale per i piccoli borghi e le comunità alpine e appenniniche». Il Manuale - ha proseguito Berlinghieri - «sistematizza le buoni prassi già conosciute per renderle "esportabili" e declinabili con creatività in altre realtà».
L'importanza dei modelli alimentari
L'intervento di Barbero ha evidenziato come l'affermarsi di una filiera selvatica è un passo essenziale per «costruire una nuova consapevolezza e proporre nuovi modelli alimentari» così da contrastare la perdita di biodiversità e quella che ha efficacemente definito come «omologazione alimentare». Il coinvolgimento dell'Università di Scienze gastronomiche ha imposto un approccio "olistico" - cioè multidisciplinare - che ha dato scientificità a un tema delicato, fondamentale per sostenere i pregi delle carni selvatiche, quale quello della sensorialità.
Al tema della sicurezza alimentare ha dedicato il proprio intervento Antonio Sorice, a nome della SIMeVeP. Controllo, sorveglianza, monitoraggio sono fasi chiave per il successo della filiera ed è pertanto indispensabile provvedere alla formazione di tutti gli attori della filiera. «La salute dell'uomo - ha ricordato - viene salvaguardata anche tramite la salute animale».
La formazione del cacciatore
Tutti gli interventi hanno evidenziato il ruolo cruciale del cacciatore, che deve prendere consapevolezza di essere davvero produttore primario e quindi essere disponibile a formarsi e a mettere in pratica le buone pratiche e un approccio etico - pertanto sostenibile - alla pratica venatoria.
Infine, gli interventi della politica, che ha sostenuto questa iniziativa in maniera bipartisan. Vaccari ha constatato l'interesse crescente nei confronti delle carni selvatiche da parte di molti attori e che il Manuale «ci consegna un qui e ora in vista di una ulteriore organizzazione di una filiera che non riesce a soddisfare la domanda, premessa fondamentale per la costruzione di un sistema alimentare più equo e più sano». «È necessario - ha sostenuto il deputato Pd - favorire il radicamento della filiera coinvolgendo tutti gli stakeholder e facilitando la collaborazione».
Il forzista Raffaele Nevi ha posto l'accento sull'importanza della filiera «particolarmente per le aree interne del Paese, per evitare lo spopolamento [...] e produrre gettito». «Spero - ha proseguito - che questo sia l'avvio di una stagione in cui si moltiplicano le buone pratiche e si possa lavorare tutti insieme».
Una guida sintetica e competente
Il Manuale Selvatici e Buoni permetterà a tutti gli attori coinvolti di attingere a una guida sintetica e competente, portandoli a un corretto utilizzo delle risorse faunistiche, educandoli sulle caratteristiche igienico-sanitarie da rispettare e guidandoli verso la valorizzazione e la promozione del prodotto finale sul territorio.
Alla stesura del Manuale, firmato da Fondazione UNA, Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo e SIMeVeP, hanno lavorato docenti e professionisti con una competenza specifica nel settore. In particolare Paolo Lanfranchi, docente in UniMi, e Luca Pellicioli, medico veterinario dell'Agenzia tutela della salute di Bergamo. Trattandosi di uno strumento pensato per chi effettivamente intende avviare una filiera di carni selvatiche, il Manuale non sarà in vendita ma verrà fornito, da Fondazione UNA, agli addetti ai lavori e alle istituzioni che volessero avviare un progetto di filiera.
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