di Matteo Brogi
Sako 90 Peak: leggerezza assoluta
Una massa contenuta in soli 2.600 grammi che non influisce negativamente su precisione e comfort di tiro. Questa è la caratteristica principale dell'allestimento Peak della nuova carabina Sako 90
Quando a maggio abbiamo dato notizia del lancio della nuova carabina Sako 90, avevamo annunciato la pubblicazione di un test completo non appena l'arma fosse stata disponibile in Italia. Occasione che si è presentata di recente e ci ha permesso di confrontarci con la versione Peak del modello che, a distanza di 18 anni dalla presentazione dell'apprezzatissima carabina 85, ha rivoluzionato il catalogo del produttore finlandese.
Dalla Sako 85 alla Sako 90
Caratteristica generale del progetto 90 - così come Sako ci ha abituato ormai da tempo - è un'azione commisurata al calibro che l'arma è destinata a ospitare; cinque sono attualmente le azioni disponibili. Rispetto al modello 85, il nuovo presenta un'azione rinforzata a base piatta che esalta l'accoppiamento con la calciatura e porta un recoil lug integrato.
Minimo comun denominatore tra i cinque allestimenti attualmente in commercio (Peak, Quest, Bavarian, Adventure e Varmint, se ne affiancheranno prossimamente altri) sono il classico caricatore amovibile in acciaio inox di tradizione Sako, un sistema di scatto regolabile su cinque pesi di sgancio predefiniti (è comunque disponibile lo stecher alla francese), l'otturatore push feed a tre alette con doppio espulsore elastico mutuato dal mondo TRG, una canna ottenuta mediante processo di rotomartellatura a freddo. L'allestimento Peak (ex Carbonlight) oggetto di questo test è pensato per la caccia alpina in generale e quella alla cerca in particolare.
La carabina Sako 90 Peak dispone di azione idonea a ospitare i calibri dei gruppi S ed L cui si aggiungeranno in estensione di gamma gli XS e M, già in parte menzionati sul sito del produttore. È quindi prevista in .22-250 R, .243 W, 6,5 Cm, 7mm-08, .308 W, .270 W, .28 Nosler, .30-06 S, 8x57 IS, 9,3x62, .270 WSM, .300 WSM, 6,5 PRC, 7mm RM, .300 WM, .338 WM e .375 H&H. Al momento manca la disponibilità dei vari 6,5x55 SE, .30-06 S, 8x57 IS, 9,3x62, .270 WSM, .300 WSM, .338 WM e .375 H&H.
Azione semi-chiusa... o semi-aperta
Sull'azione in acciaio inossidabile è ricavata una slitta Picatinny a cavallo dell'ampia finestra di espulsione; una soluzione che limita la gamma di opzioni per l'ancoraggio dell'ottica ma si rivela estremamente valida per un montaggio saldo. In acciaio inox è realizzata anche la canna che porta, alla volata, un efficace freno di bocca radiale. La presenza della filettatura permette in alternativa - chissà, forse un giorno anche in Italia - l'applicazione del soppressore di suono. La canna presenta una rigatura con passo 1:11" nel calibro in esame (il .308 Winchester).
Tutto, nell'azione, è stato studiato per ridurre al minimo le parti di contatto tra la stessa e l'otturatore al fine di ottenere massima scorrevolezza, chiave per aumentare la velocità di ripetizione.
L'otturatore è caratterizzato da tre tenoni di chiusura che garantiscono la massima superficie di contatto con i rispettivi alloggiamenti in culatta, in maniera da esaltare la sicurezza dell'arma anche nel malaugurato caso che qualcosa vada storto. Al tradizionale estrattore di concezione Sako si affianca un sistema di espulsione basato su un doppio bottone elastico di derivazione militare (mondo TRG) che garantisce un'azione molto vigorosa. Il tempo di percussione è rapidissimo (1,3 millisecondi).
Sako 90, la sicurezza non è un'opzione
Parlando di sicurezza non si può evitare un accenno alla sicura manuale che equipaggia il modello 90; si basa su un cursore a due posizioni che, in chiusura, blocca fisicamente non solo catena di scatto e otturatore ma pure il percussore, creando un sistema virtualmente infallibile. Un pulsante, posto davanti al comando della sicura, permette lo svincolo dell'otturatore.
Lo scatto è netto e pulito; osservazione che non sorprende considerando l'attenzione che Sako ripone nella realizzazione di questo componente e nei trattamenti cui sottopone i suoi pezzi. Nella Peak in prova era disponibile un sistema piuttosto tradizionale con stecher alla francese. Altri allestimenti utilizzano un dispositivo registrabile tra 1.000 e 2.000 grammi a passi di 250 grammi; le variazioni vengono effettuate mediante azione su un grano che porta cinque posizioni predefinite. Molto semplice da attuare, senza rimuovere la calciatura. Nella Peak non è possibile variare la posizione del grilletto, opzione presente nelle versioni con scatto registrabile.
Il segreto è la calciatura
La calciatura della Peak è realizzata in fibra di carbonio e viene realizzata mediante una tecnologia chiamata stampaggio a trasferimento di resina (RTM), propria dell'industria aerospaziale e utilizzata in quei contesti in cui le strutture devono abbinare caratteristiche di rigidità e leggerezza. Questa tecnologia utilizza stampi lavorati con precisione e una tecnica del vuoto per unire resina e filamenti di carbonio e creare una struttura a rete tridimensionale e multistrato.
La parte più interna della calciatura presenta una struttura in polimero ad alta tecnologia cui vengono accoppiate le fibre di carbonio; essendo una struttura "piena", viene a mancare il tipico e fastidioso effetto di risonanza caratteristico di altre tipologie costruttive. La particolare struttura è sostanzialmente insensibile agli sbalzi termici e non è quindi soggetta a variazioni dimensionali al variare della temperatura, a tutto vantaggio della precisione nell'accoppiamento tra azione e calciatura. Il grip è garantito da una finitura a fibra aperta.
In poligono e a caccia
Il test della Sako 90, che avevo già provato in occasione dell'evento di presentazione alla stampa dello scorso novembre (qui l'articolo), ha previsto inizialmente un passaggio in poligono, dove ho effettuato la taratura e l'azzeramento a 100 metri abbinando un'ottica Ranger 8 3-24x56 e munizioni atossiche Sako PowerHead Blade con palla da 162 grani. Sempre una garanzia quando si voglia ottenere precisione, efficacia terminale e rispetto della spoglia. L'eccezionalità della rosata non ha reso necessario l'impiego di caricamenti alternativi. Successivamente il test è proseguito a caccia.
Sulle colline piacentine dell'azienda Rivergaro di Montefeltro ho avuto l'opportunità di prelevare un capriolo M2 con un tiro impegnativo non tanto per la distanza (200 metri) quanto per la presenza di erba alta che copriva la visuale del selvatico. L'attesa è stata snervante. Tutto è andato bene - anche grazie all'efficiente torretta balistica che equipaggiava il Ranger 8 montato sull'arma. Nell'azione di caccia ho apprezzato in particolare la leggerezza del sistema che, con attacchi e ottica, si colloca sui 3.600 grammi. Valori che in altri sistemi identificano la massa della sola carabina.
Un plauso quindi va rivolto a chi ha saputo sviluppare un'arma in grado di essere leggera, senza picchiare in fase di rinculo e, soprattutto, in grado di mantenere una rosata concentrata anche sparando i tre classici colpi del test in rapida sequenza. Non ho osservato alcun effetto associabile alla cosiddetta migrazione termica, un pregio che va ad aggiungersi alle molte qualità dell'ultima nata di casa Sako. Che, per inciso, sarà in futuro disponibile anche in versione mancina.
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