di Matteo Brogi
Quanti joule servono a caccia?
Quale sia la soglia minima di energia necessaria per l'abbattimento pulito di un ungulato è un tema che appassiona i cacciatori. È però difficile dare una risposta univoca alla domanda, perché l'energia residua è solo uno dei parametri in gioco
La balistica, specie quella terminale, non è una scienza esatta e il cacciatore, da quando ha potuto contare su degli strumenti auto-costruiti per procurarsi il cibo, ha mediato tra la necessità di realizzare un abbattimento istantaneo, quella della conservazione della carne e la portabilità dello strumento offensivo. Con l'avvento delle armi da fuoco si parla di bilanciamento tra rinculo, precisione, effetti terminali e salvaguardia della spoglia.
Oltre a non essere scienza esatta, la balistica terminale è molto complessa e mette in gioco conoscenze fuori dalla portata di una media cultura scientifica. Cerchiamo allora di sfruttare le esperienze dei grandi autori per capirci qualcosa di più.
Quanti joule servono: cosa insegna la fisica
La domanda che ispira il titolo di questo articolo fa riferimento all'energia cinetica, un valore legato al movimento dei corpi, nel nostro caso del proiettile. Si esprime come semiprodotto tra la massa del corpo in movimento per il quadrato della sua velocità e viene misurata in Kilogrammetri o Joule (entrambe unità di misura utilizzate dal Sistema internazionale):
Ec = 1/2 mv2
L'energia cinetica viene generalmente indicata sulle scatole delle munizioni a varie distanze e utilizzata come indice di comparazione tra calibri o caricamenti differenti. Seppure sia l'unico parametro misurabile scientificamente, però, l'energia cinetica è solo una delle componenti in gioco quando andiamo a estendere il discorso alla letalità del proiettile o al suo killing power. Un ruolo molto importante lo rivestono la conformazione della palla e il modo in cui questa lavora, un dato che non è facilmente prevedibile. Per passare dalla teoria alla pratica, si tende a valutare il lavoro del proiettile osservandone il comportamento nella gelatina balistica, che dà indicazioni sulle quattro componenti che lo descrivono: penetrazione, cavità permanente, cavità pulsante, frammentazione.
Secondo questo schema l'attenzione si concentra sulla velocità del proiettile, in particolare sulla velocità minima che permette alla palla di operare correttamente; il calcolo, però, si basa su una semplificazione che non trova corrispondenza nella realtà: qualunque sia la formula di preparazione utilizzata, la gelatina riproduce un tessuto muscolare "medio", senza pelle né ossa. Una semplificazione che non trova corrispondenza nella realtà.
Taylor knock out factor
Sfruttando l'esperienza, alcuni autori hanno cercato di individuare una formula che permetta di bilanciare al meglio il sistema arma con la specie da prelevare. Intorno alla metà del Novecento ci ha provato John "Pondoro" Taylor, safarista tra i più conosciuti, che nel 1948 elaborò il Taylor knock out factor (Tkof), una formula che attribuisce importanza alla massa e all'area frontale dell'ogiva piuttosto che alla sua velocità e inserisce nel calcolo una costante (arbitraria). Un valore di Tkof pari 1 è considerato da Taylor il minimo per fermare un uomo mentre il fattore 40 sarebbe necessario per l'abbattimento di un elefante:
Tkof = Massa x Velocità x Diametro / 7.000
Secondo questa formula, si spazia tra un Tkof di 1,5 del .22 LR per arrivare ai 200 del .700 NE. Nel mezzo si collocano il .243 W (Tkof pari a 9 con palla da 80 grani) .30-06 S (21 con palla da 180 gr), 9,3x62 (32 con palla da 250 gr), .375 H&H (38,8 con palla 300 gr), .416 R (57,1 con palla da 400 gr), .500 NE (90,9 con palla da 570 gr).
Relative stopping power
Poco di prima di Taylor, nel 1934, Hatscher aveva tentato di dare una risposta alla nostra domanda elaborando il cosiddetto Relative stopping power (Potere d'arresto relativo):
Rsp = Massa / Forza di gravità x Velocità x Superficie x Fattore variabile x 1.000
Si tratta di una formula che tiene in considerazione massa e velocità del proiettile includendo nel calcolo un fattore variabile legato alla tipologia del proiettile e un'altra variabile arbitraria. Sebbene il principio sia quello di identificare il potere d'arresto nelle armi corte, quindi per impieghi militari e di difesa personale, è molto interessante in quanto per la prima volta si fa riferimento alla diversa tipologia di palle utilizzate. Il fattore variabile è stabilito in 0,9 per proiettili camiciati, 1 per proiettili in piombo round nose, 1,1 per quelli semi-wadcutter, 1,25 per i wadcutter e 1,5 per i proiettili hollow point espansivi.
Optimal game weight e Knock-Out value
Tornando alla caccia, vanno menzionate altre 2 formule che, negli Stati Uniti, hanno tenuto banco e vengono tuttora utilizzate. La prima è la cosiddetta Optimal game weight (Ogw), proposta nel 1992 dai redattori della rivista Guns, che tiene in conto l'energia cinetica e numerosi altri fattori (la densità sezionale del proiettile, il suo diametro e la sua configurazione) riassunti da alcune variabili messe a punto tramite l'esperienza degli autori:
Ogw = Velocità3 x Massa del proiettile2 x 1,5 x 10-12
Viene poi sviluppato il cosiddetto Knock-Out value:
Kov = Momento terminale x Densità sezionale x Fattore di affungamento
dove il momento terminale è dato dalla velocità all'impatto moltiplicata per la massa ritenuta del proiettile e la densità sezionale dal rapporto tra la massa del proiettile e il suo diametro. In questo caso l'elemento discrezionale, pertanto aleatorio, è dato dal cosiddetto fattore d'affungamento, che non può essere definito scientificamente ma solo in maniera arbitraria.
La voce dell'industria
A questo punto è interessante analizzare cosa dice l'industria. Norma, ben conosciuto produttore di munizionamento, nel lanciare la sua cartuccia BondStrike (2018) assicura l'espansione corretta della palla fino a una velocità limite di 300 m/s. Con una palla da 180 grani in .30-06 S significa un'energia minima di 530 Joule che, da software balistico, porta l'efficacia garantita alla siderale distanza di 700 metri.
Hornady invece ha elaborato in passato un'altra formula - ora dismessa - denominata Hornady index of terminal standards:
Hits = (Massa della palla2 / 7.000) x (Velocità d'impatto / Diametro del proiettile2) x 1/100
che di nuovo non fornisce indicazioni sulla forma del proiettile ma distingue la selvaggina in 4 gruppi:
gruppo 1 (small game) - selvatici di massa inferiore a 50 libbre (23 kg) per i quali è richiesta una Hits pari o inferiore a 500;
gruppo 2 (medium game) - selvatici di massa compresa tra 50 e 300 libbre (23-136 kg) per i quali è richiesta una Hits tra 501 e 900;
gruppo 3 (large game) - selvatici di massa compresa tra 300 e 2.000 libbre (136-907 kg) per i quali è richiesta una Hits tra 901 e 1.500;
gruppo 4 (dangerous game) - selvatici pericolosi per i quali è necessaria una Hits superiore a 1.500.
In questo caso si spazia tra Hits di 24 (.22 LR, 30 grani) e il valore di 3.495 del .500 NE (570 grani). Tra gli estremi segnalo nuovamente il .243 W (Hits 517, 85 grani), .30-06 S (1.240, 180 gr), 9,3x62 (1.863, 286 gr), .375 H&H (1.902, 300 gr), .416 R (2.793, 400 grani).
L'esperienza pratica insegna
Al termine di queste osservazioni si possono trarre alcuni insegnamenti.
Il primo, banale, evidenzia come la tipologia di proiettile impiegato è una variabile in grado di modificare in maniera significativa l'effetto terminale – come è evidente nella pratica e documentato anche da queste formule che cercano di rivestire di scientificità le osservazioni empiriche.
Secondo: la distanza del selvatico è determinante per gli effetti che questa implica in termini di velocità; ogni palla necessita di una velocità minima per lavorare correttamente. Al di là delle estremizzazioni, una regola di buonsenso ci dice di non scendere mai sotto i 550 m/s con il munizionamento convenzionale con nucleo in piombo e i 650 m/s con quello monolitico.
Terzo: il piazzamento del colpo resta una discriminante fondamentale; i valori minimi fin qui indicati si riferiscono a piazzamenti in cassa (o nei punti vitali dei grandi selvatici africani) e naturalmente perdono qualsiasi efficacia se l'animale è colpito in aree non vitali, caso in cui lo si condanna a una morte lenta o a significative menomazioni permanenti. Nel caso dei selvatici più aggressivi ci si potrebbe addirittura confrontare con situazioni pericolose per la propria incolumità.
Non vanno poi dimenticate le variabili imponderabili legate al singolo animale. In assenza di colpi che attingano il sistema nervoso centrale (midollo spinale o cervello) è l'emorragia il sistema più efficace per l'abbattimento. La regola generale indica che il sistema cardiovascolare dell'uomo è in grado di mantenere una pressione sanguigna sufficiente al funzionamento degli organi con sintomi minimi fino a quando è presente almeno l'80% del volume del sangue; per ottenere uno shock emorragico è quindi necessario che l'animale perda almeno il 20% del sangue. Molti autori di scuola anglo-sassone estendono questo assunto anche agli animali di taglia media (cervidi e simili). Quindi, tornando al nostro selvatico nel reticolo, andranno considerati altri parametri, quali lo stato di salute e nutrizionale al momento dello sparo, lo stato ormonale (un animale carico d'ormoni o adrenalina incassa molto meglio), le funzionalità cardiache e respiratorie, la pressione arteriosa al momento dello sparo. Variabili che vanno a complicare ulteriormente il compito del cacciatore.
Quanti joule servono: una possibile risposta al quesito
Negli Stati Uniti tradizionalmente si insegna la regola generale dei 1.000 piedi/libbra (1.356 Joule) di energia residuale minima per tutti i cervidi maggiori (Col. Townsend Whelen) che, però, è molto approssimativa perché non tiene conto della stazza del selvatico. Nei corsi venatori viene trasmesso un calcolo molto più dettagliato (e prudente), rimodulato secondo questa tabella:
Cervi, antilopi e capre (900 ft/lb) = 1.220 J
Wapiti e orsi di piccole dimensioni (1.500 ft/lb) = 2.034 J
Alci e grizzly (2.100 ft/lb) = 2.847 J
Successivamente Craig Boddington, noto cacciatore professionista americano e divulgatore nel settore dell'editoria venatoria, ha rivisto questi calcoli indicando in 2.000 piedi/libbra (2.712 J) il minimo auspicabile per l'abbattimento dei cervidi e di 4.000/5.000 (5.423/6.779 J) per i dangerous game. Un sistema semplice ma efficace in quanto si adegua al limite superiore della dimensione delle differenti specie.
Nella sua semplicità e approssimazione, mi sembra un limite ragionevole che può dare una prima risposta alla domanda.
I contenuti di questo articolo sono una rielaborazione del seminario tenuto dall'autore in occasione di Expo Riva caccia pesca ambiente 2019 e di un successivo articolo publicato su Cacciare a Palla di dicembre 2019.
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