di Matteo Brogi
Quando la caccia salvò lo stambecco dall'estinzione
Un saggio e un convegno ricordano la figura di Renzo Videsott. Primo direttore del Parco Nazionale del Gran Paradiso, ha salvato dall'estinzione lo stambecco. Anche facendo ricorso alla caccia selettiva
Una specie a rischio di estinzione, minacciata da una sequenza di inverni freddi e dal bracconaggio. Questa, nella prima metà del Novecento, era la condizione dello stambecco (Capra ibex); nonostante la conversione del suo areale, nel 1922, da Riserva reale di caccia a Parco nazionale, versava in uno stato di vulnerabilità. A salvarlo ci pensò Renzo Videsott (1904-1974): medico veterinario dal 1928, ufficiale veterinario del Regio Esercito durante il secondo conflitto mondiale, giovanissimo combatté per strappare il Parco alla gestione della Milizia nazionale forestale, facendo approvare la legge istitutiva del Parco Nazionale del Gran Paradiso (1946), ottenendone l'autonomia (1947) e divenendone prima commissario straordinario, poi direttore. Nel 1948 promosse la fondazione del Movimento Italiano per la Protezione della Natura e dell'Unione Internazionale per la Protezione della Natura, dimostrando una precoce sensibilità ambientalista.
Tra i meriti di Videsott, che hanno restituito centralità allo stambecco, ci sono la riorganizzazione del sistema di sorveglianza antibracconaggio e l'impiego della tele-narcosi per studiare e manipolare i soggetti ed effettuare i censimenti scientifici. Questo ha permesso di raccogliere una mole di dati demografici e biometrici dal 1956 e di portare da 417 a oltre 3.000 capi la consistenza dell'ungulato iconico del Parco.
Il contrasto del bracconaggio
Le operazioni di protezione - urgenti dopo la fine del conflitto - richiesero il contrasto attivo del bracconaggio. In una condizione di grave ristrettezza finanziaria, per sostenere questa attività Videsott introdusse il prelievo selettivo - a pagamento - dei soggetti geneticamente non più utili alla popolazione e, in particolare, alla riproduzione: quelli malati, menomati, con anomalie delle corna, non più fertili, che presentavano un ritardo nella muta del pelo o mostravano il totale disinteresse per gli eventi riproduttivi. Soggetti spesso forniti di trofeo modesto ma che permisero di raccogliere fondi indispensabili per le attività di contrasto dell'illegalità. Nel 1950, un esemplare femmina in età riproduttiva veniva valutato fino a 800.000 lire che, attualizzando, corrispondono a circa 16.000 euro del 2022.
«Fino 20 anni sono stato uno sterminatore della fauna alpina, specialmente camosci», scrisse di sé Videsott. A seguito del ferimento di un camoscio, emotivamente provato, decise di non essere più il responsabile diretto del prelievo dei selvatici dal loro contesto naturale pur senza perdere fiducia nella caccia come strumento di pianificazione e gestione. Conservò anzi il proprio istinto venatorio per guidare tutte le uscite di caccia selettiva che, dal 1954, si protrassero fino al 1967, raccogliendo dati, appunti e informazioni che sono andati a costituire un archivio di fondamentale importanza per la conoscenza della specie.
Un saggio racconta l'abbattimento di 47 stambecchi
Questo patrimonio di informazioni è stato affidato dalla figlia di Renzo, Elena, a Gabriele Achille, che ne ha curato la pubblicazione ne L'ultimo re degli stambecchi. La caccia di selezione allo stambecco e al camoscio nel Parco Nazionale del Gran Paradiso (1954-1967), edito a novembre 2023. Laureato in Scienze naturali, specializzato in Gestione e pianificazione delle aree protette e del territorio, ricercatore dell'Università di Macerata, Achille ha organizzato i racconti e lo schedario di Videsott in maniera cronologica (era in ordine alfabetico). I materiali di Videsott raccontano l'abbattimento di 47 stambecchi e 51 camosci e hanno un interesse faunistico, venatorio e ambientale; in ciascuna scheda vengono descritti nel dettaglio l'ambiente dove si svolgeva la caccia, il comportamento degli animali nel loro ambiente naturale e le modalità del tiro.
Ai cacciatori che si prestavano al progetto, i cosiddetti "parchigiani" cui Videsott riconosceva un'etica naturalistica, potevano essere attribuiti dei riconoscimenti, come il Premio eutanasia destinato a chi era particolarmente efficace nell'azione del prelievo e il Cordon sangue che adornava il collo del cacciatore che aveva selezionato un capo dal valore trofeistico scarso ma alto in materia di selezione.
Una selezione accurata
La scelta di abbattere uno specifico esemplare veniva presa scientificamente, dopo anni d'osservazione da parte delle guardie che conoscevano ogni singolo esemplare del branco. Il prelievo dell'esemplare "non più utile alla riproduzione della specie" prestava comunque molte incognite per le difficoltà ambientali in cui il cacciatore si trovava a operare. Era prevista una prova preliminare di tiro a 200 metri, su sagoma di camoscio, e ciascun assegnatario non poteva sparare più di tre colpi, pena la perdita del diritto al prelievo già acquisito.
Oggi lo stambecco in Italia non si caccia più nonostante che la nostra nazione abbia svolto un ruolo cruciale nella conservazione della specie. Ma si caccia in Svizzera e, come rileva in appendice il curatore dell'opera, "le cose sembrano cambiare, nella provincia di Bolzano sono stati autorizzati i primi abbattimenti selettivi di stambecco, solo in Alto Adige sono stati censiti circa 1.700 capi, dei quali 1.400 tra passo Resia e Brennero (Provincia autonoma di Bolzano - Alto Adige 2022). Ci si augura che tale abbattimento possa essere razionalizzato con norme moderne e deonticamente all'avanguardia con uno sguardo oltre la caccia, bensì di dare la possibilità all'intera collettività di beneficiare della risorsa stambecco e non solo a popolazioni native. Questo valorizza molto l'eccezionalità dell'evento, molto di più del suo prezzo di svariate migliaia di euro. Ci viene spontanea un'osservazione: se lo stambecco è rinato nel nostro paese, perché siamo gli unici che non cacciamo più gli stambecchi? Certamente essere stati i portatori dell'estinzione imminente porta dei timori. Eppure, i tempi sono cambiati e l'etica della caccia in alcuni casi è la stessa che si legge nelle vicende selettive del Gran Paradiso di Videsott".
Un convegno ricorda la figura di Videsott
Queste vicende saranno ricordate nel convegno Renzo Videsott: un orizzonte culturale nella protezione della fauna che si terrà sabato 16 dicembre 2023 alle 14:30 nella sala conferenze del Muse, a Trento. All'incontro, moderato da Ettore Zanon, parteciperanno come relatori Franco Pedrotti (Renzo Videsott e la protezione della natura in Italia), Luigi Piccioni (Una vita per la montagna e per la natura), Bruno Bassano (Renzo Videsott e la sua eredità nel Parco Nazionale di Gran Paradiso), Serena Arduino (Uno sguardo all'eredità di Videsott sulle Alpi) e la figlia Elena. Il convegno chiude la terna di eventi dedicati precedentemente a Guido Tosi e Franco Perco, "tre uomini per la conservazione della natura".
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