di Matteo Brogi
Pregi e difetti del munizionamento atossico
Non è una guerra di religione ma un'opinione bisogna averla. Il piombo nelle munizioni da caccia è un tema divisivo che, però, va affrontato con consapevolezza perché la prospettiva - nel breve-medio periodo - è di dovervi rinunciare
Parto da lontano. Dietro ai temi che svilupperò non può non esserci una visione, un approccio ideale che qualcuno definisce filosofico (termine alquanto pretenzioso), etico (aggettivo che tende a indicare una supposta superiorità) o addirittura morale (che, in quanto tale, prevederebbe addirittura una condanna). L'approccio che mi guida e ispira queste note sul munizionamento atossico è semplicemente quello del buon padre di famiglia. Niente più, niente di meno. Non biasimo chi ha opinioni differenti dalle mie. Parto però da una convinzione: del piombo dovremo abituarci a fare a meno. Il settore dell'automotive - addirittura più importante del nostro sia in termini finanziari sia per quanto impatta sulla vita di un vastissimo settore dell'opinione pubblica - ha già saputo reinventarsi. Potremo noi resistere alla nuova sensibilità "ambientalista" che nel piombo ha identificato il proprio nemico? Io credo di no. E credo che non abbia neppure senso insistere: si tratta di una battaglia di retroguardia destinata a una ingloriosa sconfitta. Varrebbe semmai la pena di combattere per difendere il piombo là dove non ci sono alternative: nel tiro accademico, per esempio, dove può essere facilmente recuperato e riciclato. Non nell'attività venatoria, dove le alternative ci sono. Ne ho scritto qui, dove peraltro è disponibile una bibliografia sul tema.
Le premesse
Lo sviluppo del munizionamento destinato alla caccia parte a inizio Novecento e si sviluppa dopo la II guerra mondiale, quando nascono le prime munizioni specialistiche. Inizialmente si affermarono le cosiddette palle solid, quasi indeformabili, per l'impiego su mammiferi di grossa taglia (principalmente africani), poi nel 1985 Randy Brooks, di Barnes Bullets, lanciò la X Bullet, capostipite di una nuova tendenza e madre di tutti i pregiudizi: all'inizio, infatti, non aveva grandi capacità espansive e si dimostrò scarsamente efficace. Nel giro di pochi anni, gli sviluppi di Barnes portarono alla Tsx - Triple Shock X (2003), uno dei proiettili ancora più apprezzati dal mercato.
Piombo, un doppio aspetto sanitario
Che il il piombo utilizzato nelle cartucce da caccia sia causa di avvelenamento per gli animali selvatici è noto almeno da un secolo. Fino a un recente passato, tuttavia, si era soliti associare il problema del saturnismo solo alla caccia nelle zone umide. Nuovi studi hanno dimostrato che l'intossicazione colpisce anche animali legati ad ambienti terrestri; sono particolarmente esposti i predatori, in particolare i rapaci necrofagi che si alimentano di mammiferi e uccelli morti, feriti o debilitati e di viscere contaminate. La letteratura riporta i casi del condor della California e del gipeto, due specie che sono state seriamente messe in pericolo proprio dall'ingestione di piombo.
Poi c'è l'aspetto della salute umana: il piombo figura al secondo posto nella lista delle sostanze pericolose indicate dall'Agency for Toxic substances and disease registry (dopo l'arsenico e prima del mercurio, tanto per dare una misura) e la nocività di questo metallo è nota da molto tempo, specie nelle sue manifestazioni acute. Tra i sintomi più caratteristici rientrano l'ipertensione, la riduzione delle funzioni renali, forme di declino delle funzioni cognitive, anomalie delle funzioni riproduttive negli adulti e ritardo di sviluppo nei bambini. Già dosaggi molto bassi sono sufficienti a determinare
danni permanenti al sistema nervoso per il feto in crescita. Indagini condotte su vasta scala negli Stati Uniti hanno evidenziato come a un incremento della concentrazione di piombo nel sangue da meno di uno a 10 μg per decilitro corrisponda un abbassamento del quoziente intellettivo di 6,2 punti. Si tratta quindi di un fenomeno con pesanti ricadute sociali.
Qual è il limite?
Studi, test, esperienze empiriche hanno dimostrato che la diffusione del piombo mediante micro-schegge all'interno della carcassa di un ungulato colpito con munizionamento convenzionale può arrivare addirittura a 50 centimetri dal tramite. Si tratta quindi di una contaminazione diffusa cui è impossibile ovviare rimuovendo semplicemente l'area interessata dall'impatto del proiettile. Uno studio di Simone Bertini (docente di Farmacologia e tossicologia veterinaria all'università di Parma) effettuato su carcasse di cinghiali prelevati a caccia ha evidenziato proprio l'estensività della diffusione, rilevando come la stessa operazione di pulizia sia causa di contaminazione anche nei distretti non interessati dal passaggio del proiettile. È il coltello stesso impiegato per le operazioni di eviscerazione e macellazione a fungere, in questo caso, da vettore. Un ulteriore studio ha dato evidenza di un picco di contaminazione anche nel ragù di cinghiale proveniente da attività venatoria venduto sul mercato italiano. Quanto avviene nella grande selvaggina si ripete inesorabilmente anche in quella minuta. La stessa marinatura nell'aceto favorisce l'estrazione di piombo. Se non è l'assunzione occasionale di carne contaminata a preoccupare, è certamente il fenomeno dell'accumulo che può portare a stati patologici.
Pro e contro
Veniamo allora al tema del munizionamento monolitico (termine impropriamente utilizzato invece di atossico: in teoria, non tutto il monolitico è atossico così come l'atossico non è necessariamente monolitico), oggetto di questo articolo e di generale discussione tra cacciatori. Una letteratura ormai consolidata indica in linea di principio una serie di fattori che ne caldeggiano l'uso accanto ad altri che lo sconsiglierebbero.
PRO
- Salubrità delle carni di selvaggina;
- efficacia sovrapponibile al munizionamento convenzionale (palla lead free);
- precisione esaltata dalla specifica metodica di costruzione delle palle.
CONTRO
- Minor capacità di deformazione del proiettile, cui corrisponde una minore lesività;
- tendenza al rimbalzo;
- maggiore ramatura delle canne;
- prezzo tendenzialmente più alto rispetto al munizionamento tradizionale.
Gli aspetti balistici
L'industria fa affidamento su numerosi materiali alternativi, anche se l'impiego del rame può dirsi ormai consolidato. Si tratta di un metallo che - rispetto al piombo - ha un peso specifico inferiore (8,96 g/cm³ contro 11,34 g/cm³) e una minore malleabilità (intesa come capacità a deformarsi dopo l'impatto) ponendo un problema sulla sua effettiva lesività. La questione si pone in maniera accentuata nella munizione spezzata che dimostra una effettiva minore efficacia e una ridotta portata cui si cerca di ovviare facendo ricorso a pallini di diametro maggiore dello standard finora utilizzato.
Il rame, che ha un buon peso specifico, è facilmente lavorabile, discretamente malleabile e ha un costo sostenibile. Tra i produttori c'è chi dichiara di utilizzare rame puro, chi leghe con una modesta percentuale di altre sostanze per migliorare la lavorabilità a freddo (Hasler dichiara una lega di rame al 99,5%), chi leghe più complesse (Hornady per la sua GMX non più in commercio indicava un 5% di zinco). Una palla in rame tende a un equilibrio dinamico tra espansione e penetrazione, fattore senz'altro positivo. Il suo minor peso specifico - a parità di massa - incide sulla lunghezza con conseguenze sulla sua stabilizzazione in funzione del passo di rigatura adottato dall'arma in uso. È questo il motivo per cui si tende a privilegiare palle di massa più contenuta.
Caratteristica delle palle in rame è la precisione e una deviazione standard dimensionale ridottissima: vengono infatti prodotte per tornitura con macchine evolute e questo è certamente un pregio.
Tra i difetti si segnala la tendenza a lasciare una maggior quantità di residui in canna. Per questo motivo oggi si tende a privilegiare architetture sottocalibrate con corone di forzamento che riempiono perfettamente i vuoti della rigatura riducendo al minimo le superfici di contatto, quindi l'attrito, i depositi di rame e l'usura della canna. Una soluzione che permette anche di incrementare la velocità del proiettile a parità di carica.
Ai fini della contaminazione - il rame è pur sempre un metallo che è preferibile non assumere anche se non se ne conoscono effetti indesiderati a basso dosaggio - si osserva che la ritenzione della massa nelle palle a espansione è prossima al 100%; cosa ben diversa rispetto alle palle a frammentazione che, a una maggior efficienza, associano una superiore contaminazione. Molti produttori propongono entrambe le tipologie di palla (Brenneke Tug nature + / Tag, Geco Star / Zero, Hasler Ariete / Hunting; tra le non formalmente monolitiche ma atossiche: RWS Hit in rame nichelato / Evo green in stagno nichelato). Una contraddizione, a mio avviso.
Ma rimbalzano davvero?
Uno dei temi che tiene banco dalla comparsa delle palle monolitiche è relativo alla loro maggiore attitudine al rimbalzo, quindi a una loro maggiore pericolosità. Cristian Bettin, in un suo testo, riporta lo studio che il governo tedesco commissionò nel 2009 per valutare i rimbalzi dei proiettili utilizzati a caccia e confrontare quelli contenenti piombo con quelli in lega di rame. I risultati evidenziano che:
- il tipo di proiettile influisce poco sugli angoli di rimbalzo e sulla deviazione laterale;
- i proiettili rimbalzati senza piombo hanno massa ed energia residua superiore;
- la distanza massima media dei proiettili rimbalzati è maggiore per quelli senza piombo;
- la differenza della distanza massima tra proiettili con e senza piombo risente del calibro;
- i proiettili contenenti piombo e con un mantello molto spesso hanno un comportamento simile ai proiettili in lega di rame;
- il substrato contro cui rimbalzano i proiettili influisce sull'attitudine al rimbalzo.
Quindi, sì, i proiettili monolitici hanno una maggiore tendenza al rimbalzo e sono tendenzialmente più pericolosi ma il loro comportamento non è poi dissimile da quelli convenzionali tipo bonded. In ogni caso - come sempre - è fondamentale assicurarsi su dove andrà a finire il proiettile prima di sparare.
Tra i "contro" va segnalato il tema del costo. Ebbene, se effettivamente ci sono soluzioni molto costose (una scatola di munizionamento Ibex in .30-06 S costa di listino 115 euro), adesso si trovano opzioni perfettamente paragonabili al munizionamento convenzionale: Geco propone la sua Star a 46 euro (prezzi 2022). È comunque indispensabile una preventiva verifica in poligono della compatibilità con la propria arma.
Balistica terminale
Se pure siamo autorizzati a trarre conclusioni dalle esperienze personali, è necessario ricordare che per effettuare considerazioni di carattere generale è indispensabile disporre di un campione tanto ampio che difficilmente si può raccogliere in un'intera vita da cacciatore. Per parlare di efficacia è quindi necessario fare riferimento a studi complessi, coordinati ed eseguiti su base scientifica. Uno è quello che fa riferimento a 397 cervi prelevati tra il 2012 e il 2014 nell'ambito del Piano di controllo del cervo nel Parco nazionale dello Stelvio. I risultati dicono che:
- quando l'animale viene colpito in zona cardiaca (cuore/polmoni) con munizione senza piombo, nel 73,3% dei casi basta un colpo per fermarlo; con munizione tradizionale ciò accade nel 71,4% dei casi.
- quando invece si piazza male il colpo, interessando stomaco e/o intestino, con munizione senza piombo serve sparare ancora (o attivare la ricerca col cane) nel 65,0% dei casi, con munizione tradizionale l'animale va via nel 54,5% dei casi.
Tutti gli studi che ho avuto modo di consultare sono univoci nel dimostrare una sostanziale coincidenza dell'efficacia tra munizionamento convenzionale e atossico. La differenza la fa sempre il piazzamento del colpo, quindi la capacità del cacciatore.
L'unico punto di vantaggio a favore del convenzionale si registra nei tiri a distanze limite: l'energia cinetica residuale posseduta dal proiettile all'impatto, infatti, interferisce anche con la sua prestazione in quanto l'espansione (o frammentazione che sia) richiede un'energia minima per lavorare correttamente. L'esperienza Hornady insegna, per esempio, che un proiettile monolitico Gmx da 150 grani in calibro .30" necessita di almeno 650 m/s sul selvatico, mentre il tradizionale Eld-X da 178 grani nello stesso calibro richiede una velocità minima di 550 m/s. Cento metri al secondo che fanno la differenza e riducono quindi la portata del proiettile. Sottolineo comunque che questo problema si verifica a distanze alle quali diventa difficile parlare di caccia; nei canonici 300 metri non si notano problemi.
Questo tema è stato oggetto di una mia diretta sul gruppo di Cacciatori Giovani. La registrazione è disponibile sul loro canale Youtube.
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