di Diana & Wilde
Per una gestione politica della specie Canis lupus in Italia
L'Unione europea ha favorito la nascita di una nuova mitologia del lupo che non contribuisce al benessere della specie né alla convivenza con l'uomo
di Spartaco Gippoliti e Giuliano Milana
L'Unione Europea ha sbagliato con il lupo. Forse non è una grande notizia che l'EU sbagli, ma cerchiamo di capire il perché di questa nostra affermazione. Lo sbaglio consiste nel considerare il lupo una specie come tante altre, inclusa in un elenco di specie protette "a vita"; lo troviamo tra un Cervus elaphus corsicanus e un Felis silvestris e questo sembra, a prima vista, ovvio e scontato alla luce delle vicissitudini della specie nel secolo scorso. Ma, se andiamo a vedere la storia della scomparsa del lupo in Europa, ci accorgiamo che riflette lo sviluppo industriale, economico e sociale del Vecchio Continente. Insomma, il lupo era sopravvissuto ai margini, nella Penisola Iberica o nel Mezzogiorno d'Italia, territori che sono spesso rimasti marginali sotto vari punti di vista.
Che significa riportare il lupo nel cuore dell'Europa? Significa sicuramente indebolire il piccolo allevamento delle zone collinari e montane, forse quantitativamente non paragonabile ad altri settori agro-alimentari ma che qualitativamente apporta un contributo unico alla peculiarità culturale italiana e più in generale europea. Indebolire quel piccolo allevamento significa indebolire un sistema che, nel tempo, ha comunque garantito la conservazione di un'eterogeneità ambientale utile, tra l'altro, al mantenimento della biodiversità.
Nuove conflittualità
Per il mondo scientifico il lupo è una specie chiave dal punto di vista della regolazione degli ecosistemi, ruolo che nell'ultimo secolo è stato svolto dall'uomo e in particolare anche dal cacciatore. La specie svolge sicuramente un fondamentale ruolo ecosistemico, contribuisce in parte (non sempre) a regolare le popolazioni preda sia in termini quantitativi che qualitativi ma è altrettanto chiaro che, quando il lupo si trova in contesti antropizzati, come ormai accade anche "in pianura", si comporta da opportunista, si adatta a quello che trova, ha interazioni con animali da reddito e d'affezione, crea ansia e preoccupazione. Si palesano, insomma, tensioni e nuove conflittualità che in molti continuano a sottovalutare.
Questo anche perché il lupo riveste, da sempre, un ruolo simbolico potente nella cultura occidentale e, paradossalmente, anche la componente scientifica degli stakeholder (i portatori di interesse) sembra soggiacere a una nuova mitologia del lupo, una "metafisica lupina", che nei passaggi più estremi porta "l'etologa" in TV a sostenere che con la sua presenza il lupo possa prevenire gli effetti disastrosi di un sisma!
Licocene?
Siamo di fronte alla finale deificazione del lupo, nell'era che potremmo definire Licocene.
Considerare il lupo come una qualsiasi delle migliaia di specie che vivono in Europa significa affidarne la gestione agli zoologi. Ma, in ultima analisi, questo significa affidare il futuro socioeconomico, di una bella fetta d'Italia, agli zoologi impegnati a fare qualcosa che non hanno mai fatto direttamente e, soprattutto, non scevri da quello sport nazionale, molto diffuso, dello scaricabarile quando i fatti contraddicono la narrazione: "gli allevatori non collaborano; gli enti pubblici sono lenti nei rimborsi". Il tutto glissando sugli abbondanti fenomeni di ibridazione, le predazioni anche alle greggi protette, quelle sui cani anche nei centri abitati persino sotto gli occhi del padrone e infine, gravissimo, su quello che sembra il primo tentativo verificato di predazione su uomo, su due bambini per la precisione, avvenuto la sera del 7 maggio 2023 sulla spiaggia di Vasto.
Cittadina, quest'ultima, dove i lupi sono oramai presenza costante confermata da decine di fotografie. Il silenzio e il negazionismo, le frasi tipo "si tratta di un lupoide, di un cane selvatico" gettano una nuova ombra sulla cultura lupofila italiana che oramai è spesso pressoché indistinguibile da quella scientifica. Questo anche per la totale assenza di preparazione dei biologi nella cosiddetta "dimensione sociale" della conservazione, un problema non solo italiano. Al punto che, senza dichiararlo, la conservazione del lupo nel nostro Paese è improntata ideologicamente ai principi della conservazione compassionevole proposta da Marc Bekoff che, nei fatti, rappresenta l'animalismo (cioè l'attenzione alla vita di ogni singolo individuo animale a prescindere dalla specie di appartenenza) che piega la conservazione alle sue ragioni. E mentre ufficialmente la conservazione compassionevole viene duramente criticata perché mina alle basi la conservazione stessa - pensate cosa significherebbe per gli australiani non potere più eliminare specie esotiche introdotte come volpe, gatto domestico e coniglio - a noi sembra che in Italia i suoi principi siano stati di fatto attuati ancora prima dell'uscita del libro di Bekoff.
Urge avviare una fase due
Assicurata la conservazione della specie (anche se non sono mai stati fissati i target delle politiche ambientali), oggi va iniziata ex novo una nuova fase gestita dalle amministrazioni pubbliche con il chiaro scopo di consentire una convivenza che non è la resa delle attività agro-silvo pastorali delle aree interne del Paese. I recenti risultati appena pubblicati evidenziano che per la sola Toscana si stimi al 2016 una popolazione di almeno 600-900 lupi, in crescita come d'altronde tutta la popolazione italiana (Merli et al., 2023).
La specie è oggi senza dubbio alcuno fuori pericolo dal punto di vista conservazionistico, e l'unica reale minaccia viene dai fenomeni di introgressione con i cani. È interessante notare che, probabilmente, la decisione politica di rimuovere lupi che stazionino nei paesi e nelle periferie urbane non solo si giustifica con motivi di sicurezza, ma andrebbe a prevenire potenziali situazioni favorevoli a incontri riproduttivi tra lupi e cani. La decisione di intervenire attraverso la rimozione di alcuni individui, anziché lasciare fare al bracconaggio, è solo di tipo politico. La lezione importante della pandemia Covid, il ruolo critico della produzione agricola interna è già stata dimenticata? Urge un incontro politico a livello europeo per identificare almeno dei criteri generali di gestione attiva del lupo. Un'altra sfida per la politica.
Articolo concesso da Diana & Wilde / Edizioni Lucibello, agosto 2023
Se sei interessato alla caccia sostenibile e alla conservazione dell'ambiente e della fauna selvatica, segui la pagina Facebook e l'account Instagram di Hunting Log, la rivista del cacciatore responsabile.