Novembre è il mese che offre le più ampie possibilità ai migratoristi, grazie a varie forme di caccia che si possono praticare con successo
Novembre è il mese che offre le più ampie possibilità ai migratoristi, grazie a varie forme di caccia che si possono praticare con successo - © Giuliano Del Capecchi
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di Diana & Wilde

Novembre: la coda del passo autunnale

Le varie forme di caccia permettono, a novembre, carnieri discreti di un’ampia varietà di specie migratrici. Basta sapere cosa fare e quali armi utilizzare

di Giuliano Del Capecchi

Se ottobre è il mese che sancisce l’inizio del passo autunnale e che spesso determina un po’ tutta la stagione a seguire, novembre è certamente quello che offre le più ampie possibilità ai migratoristi, grazie a varie forme di caccia che si possono praticare con successo.
I primi quindici giorni del mese sono caratterizzati dalla coda del passo di allodole, tordi, merli e colombacci e dal picco per sasselli, cesene e storni. Negli ultimi anni, complice forse il cambiamento climatico, il passo autunnale si è molto allungato rispetto al passato, tanto che assistere in questo arco temporale a qualche bella mattinata di migrazione - insieme a sasselli e cesene - di colombacci, tordi e merli in Appennino non è poi così raro come si potrebbe credere.

Novembre rappresenta da sempre anche il mese per eccellenza per la caccia allo storno da appostamento, oggi consentita in alcune Regioni italiane solo in deroga
Novembre rappresenta da sempre anche il mese per eccellenza per la caccia allo storno da appostamento, oggi consentita in alcune Regioni italiane solo in deroga - © Giuliano Del Capecchi

Chi mi legge da tanti anni sulle riviste di settore sa che sono un grande appassionato di caccia al passo e che vivo questa passione per quasi due mesi tutta d’un fiato: cercando di perdere meno mattine possibile e cacciando sul capanno per i colombi o su affili e bocchette adeguate alle condizioni meteo e di vento presenti al momento. Proprio per questo negli ultimi anni ho potuto verificare di persona come, con il passare del tempo, corrisponda sempre di più al vero quanto affermato precedentemente.

In Appennino, anche le prime giornate di novembre possono regalare ai cacciatori più tenaci bei momenti da ricordare
In Appennino, anche le prime giornate di novembre possono regalare ai cacciatori più tenaci bei momenti da ricordare - © Giuliano Del Capecchi

Al passo in Appennino fino al 20 novembre

Oggi si può pensare di allungare le nostre giornate di caccia al passo in Appennino almeno fino al 15 – 20 novembre, magari cercando di sfruttare al meglio lo spollo e le due ore successive, che in questo periodo rappresentano certamente il miglior arco temporale. Stessa cosa per chi caccia i colombacci dal palco, con ancora più possibilità se l’appostamento ricade in aree dove i colombacci in migrazione si fermano per svernare: in questo caso avremo a che fare sia con uccelli che si spostano alla ricerca delle migliori pasture sia ancora con contingenti di passo.

Anche lo spollo novembrino può garantire soddisfazioni ma, per avere successo, è necessario conoscere alla perfezione il territorio
Anche lo spollo novembrino può garantire soddisfazioni ma, per avere successo, è necessario conoscere alla perfezione il territorio - © Giuliano Del Capecchi

Per quanto riguarda la prima opzione, cioè la caccia al passo, a parte scegliere affili o bocchette perfette per le condizioni meteo del momento, in questo periodo occorre dare sempre un occhio attento alle previsioni meteo, perché spesso i fenomeni che favoriscono la partenza degli uccelli raffermi sono rappresentati dall’arrivo di forti venti che portano i primi freddi o di grosse e piovose perturbazioni. Quindi, uno o due giorni prima di questi improvvisi cambiamenti, può essere molto producente tentare di fare lo spollo al passo, magari provando a trattenersi per un paio di ore, nella speranza di aver centrato la giornata giusta.

Una bocchetta appenninica fotografata ai primi di novembre, un periodo ottimo un po' per tutte le specie di migratori
Una bocchetta appenninica fotografata ai primi di novembre, un periodo ottimo un po' per tutte le specie di migratori - © Giuliano Del Capecchi

A caccia sulle pasture

Se tordi e merli concentrano spesso i loro movimenti a cavallo dell’alba, sasselli e cesene si spostano volentieri anche durante la mattinata sia in piccoli gruppi che in branchi più consistenti. In presenza di forti venti contrari alla direzione di migrazione o di giornate nuvolose e con un po’ di nebbia, avremo la possibilità di avere a che fare fin dallo spollo con uccelli che volano a bassa quota o schiacciati dal vento oppure, con la nebbia, costretti a seguire gli alberi per non perdere l’orientamento. In questo caso servono fucili con canne non troppo lunghe e poco strozzate abbinate a cartucce che aprono come le dispersanti per la prima canna e le bior o quelle caricate con borra in feltro per la seconda e la terza. Un fucile del genere, utilizzando una prolunga in/out da almeno 10 cm strozzata ** e abbinata all’utilizzo di cartucce con contenitore, consente di affrontare senza nessun problema anche situazioni opposte, con cieli limpidi e uccelli che volano a quote più alte.

La presenza o meno di abbondanti pasture molto spesso determina anche la consistenza numerica dei migratori che decidono di fermarsi per svernare
La presenza o meno di abbondanti pasture molto spesso determina anche la consistenza numerica dei migratori che decidono di fermarsi per svernare - © Giuliano Del Capecchi

Novembre è perfetto anche per la caccia sulle pasture, una pratica venatoria anch’essa vecchia come il tempo che vanta nel centro-nord Italia ancora diversi specialisti, che conoscendo alla perfezione il territorio e spostandosi da una pastura all’altra, con sasselli e cesene riescono a fare numeri che fanno invidia ad alcuni ottimi appostamenti con i richiami vivi. Si tratta di una pratica venatoria che richiede la perfetta conoscenza del territorio e della presenza delle piante di pastura, rappresentate da sorbi, siepi di prugnolo, rosa canina, corbezzolo, crataegus, ligustrum, meli da fiore, grossi allori e, dal 20 novembre in poi, prima dalle piante di agrifoglio e poi, nel mese di gennaio, essenzialmente dai frutti maturi dell’edera, che oltre ai turdidi attirano anche i colombacci.

Una pianta di corbezzolo carica di frutti maturi. A volte anche piante da pastura così piccole interessano un gran numero di uccelli
Una pianta di corbezzolo carica di frutti maturi. A volte anche piante da pastura così piccole interessano un gran numero di uccelli - © Giuliano Del Capecchi

Cacciatori “alla becca”

La giornata tipica dei cacciatori “alla becca”, come si dice dalle mie parti, dura tutto il giorno e dopo un normale spollo - che può avvenire sia sparando a volo che a fermo - prosegue con un giro nel bosco andando a visitare diverse pasture. Circospezione, buon orecchio e percorsi ormai collaudati aiutano il cacciatore a raggiungere il punto prescelto per appostarsi, in genere abbastanza vicino alla pianta di pastura.

Come arma si preferisce utilizzare un fucile basculante di piccolo calibro, bigrillo o dotato di selettore, con il 28 assoluto protagonista. In prima canna si carica una cartuccia leggera a piombo fine per sparare vicino e in seconda una più potente a piombo più grosso, adatta a tiri lunghi anche su selvatici un po’ infrascati. Nascosti e immobili si attende l’arrivo degli uccelli in pastura per poi decidere quando e a quale sparare. Se ne arrivano uno o due insieme non ci sono problemi mentre, se a palesarsi è un branco di sasselli o cesene, occorre avere sangue freddo e attendere fino a quando magari non si offre la possibilità di abbattere più uccelli con un colpo solo, sempre tenendo a mente di non sparare agli uccelli che si posano più in alto e privilegiando quelli che hanno scelto i rami più vicini a terra.

La campagna toscana, sempre meravigliosa e unica, teatro perfetto per memorabili scacce di siepi e boschetti alla ricerca di tordi, merli e anche di qualche gradita sorpresa...
La campagna toscana, sempre meravigliosa e unica, teatro perfetto per memorabili scacce di siepi e boschetti alla ricerca di tordi, merli e anche di qualche gradita sorpresa... - © Giuliano Del Capecchi

Se il branco è composto da uccelli nuovi, cioè arrivati da poco o di passo, è anche facile che dopo qualche minuto dallo sparo ritorni nuovamente sulla pastura, magari solo un po’ più guardingo e attento, ma fatalmente attratto dal succulento banchetto. Dopo lo sparo o eventualmente gli spari si passa alla seconda pastura, poi alla terza e così via, a volte anche tornando a visitare, magari nel primo pomeriggio, quelle già viste. Come avrete capito non si tratta di una caccia che si improvvisa, ma di qualcosa che invece si apprende giornata dopo giornata e che, credetemi, rappresenta una valida opzione se, per esempio, siamo soli e vogliamo ingannare il tempo che c’è tra la fine dello spollo mattutino e l’inizio del rientro serale. In compagnia di un paio di amici, possiamo dedicare con profitto questo intervallo alla “scaccia” di boschi e siepi alla ricerca di turdidi.

La “scaccia” e il rientro serale

Dicesi “scaccia” l’azione congiunta di alcuni cacciatori accompagnati da uno o due cani da cerca che, battendo boschi e siepi, costringono i selvatici a involarsi in direzione di altri cacciatori appostati per sparare. Chi esegue le operazioni di scaccia si definisce battitore, mentre chi spara è il paratore. Questa forma di caccia alla piccola selvaggina migratoria consente tuttavia anche l’incontro con altri selvatici come lepri, fagiani, starne e qualche beccaccia. Subito dopo lo spollo mattutino, i cacciatori (per legge massimo tre) si organizzano ed iniziano a “scacciare” e “parare”, aiutati dagli ausiliari, le folte siepi che dividono i campi e i boschetti presenti in zona. Un esperto battitore, aiutato da due cani che sanno fare il loro lavoro, è in grado di scacciare bene in ogni occasione, riservandosi anche il lusso di qualche tiro su selvatici importanti alzati dai cani, mentre gli altri due possono appostarsi, avendo cura di farsi vedere il meno possibile, in punti prestabiliti dove gli uccelli, incalzati da cani e battitore, usciranno.

Una delle forme di caccia più redditizie in novembre è la scaccia di boschetti e siepi alla ricerca di tordi e merli
Una delle forme di caccia più redditizie in novembre è la scaccia di boschetti e siepi alla ricerca di tordi e merli - © Giuliano Del Capecchi

Si tratta di un lavoro di squadra che, se fatto bene e rispettando le regole chi ci siamo dati, porterà a qualche bel risultato. Il battitore deve lavorare per portare il grosso degli uccelli a uscire dove sono appostati i compagni e, quindi, deve sparare il meno possibile, solo su uccelli a tiro e quando questi tendono a strappare e a lasciare la siepe o il boschetto troppo presto rispetto alla posizione dei compagni; una situazione piuttosto rara, ma probabile con uccelli nuovi, cioè di passo o arrivati da pochissimo tempo e quindi con scarsa conoscenza dell’ambiente.

Un lavoro di squadra

Chi spara deve seguire precise regole: non deve spostarsi da dove tutti sanno dov’è, non deve mai rimanere scarico anche a costo di perdere un tiro e, soprattutto, deve sparare solo a uccelli a tiro, in modo da evitare deleterie sparatorie e inutili feriti. Un grande esperto di questa caccia mi diceva sempre «Due uccelli per ciascuno a ogni siepe e la sera il mazzo è fatto»: oggi più che mai devo riconoscere che aveva perfettamente ragione.

Il fucile ideale per questa forma di caccia è indubbiamente il semiautomatico calibro 12 o 20 con canna da 65 a 70 cm dotata di strozzatori intercambiabili, sia per la possibilità di avere il terzo colpo che per la facilità e velocità di ricarica. Come cartucce, da anni impiego con successo in questa forma di caccia solo munizioni bior a piombo 10, variando la strozzatura della canna a seconda delle posizioni di tiro, ritenendole perfette per sparare a selvatici nel limite del tiro e ottime anche a distanze medio corte, specie se utilizzate con strozzature ****/cyl.

Il passo a novembre: il rientro serale

Il rientro serale è un altro classico del migratorista italiano e può essere praticato con successo anche da chi si dedica alla scaccia, semplicemente terminandola nel primo pomeriggio per poi andare ad appostarsi nei pressi dei luoghi di appollo degli uccelli. Per avere successo occorre anche in questo caso conoscere diversi “rientri” e scegliere dove andare in base alla presenza degli uccelli e alle condizioni meteo, tenendo conto che le migliori giornate sono quelle nuvolose (il buio arriva prima e spesso il momento migliore ricade nell’orario consentito), un po’ nebbiose oppure con forte vento da qualsiasi quadrante (fanno volare gli uccelli più bassi), tutti fattori che aiutano e non poco il cacciatore nella sua azione.

Il rientro serale è sempre molto emozionante specie se oltre a tordi e merli c'è anche la possibilità di vedere sasselli e qualche colombaccio
Il rientro serale è sempre molto emozionante specie se oltre a tordi e merli c'è anche la possibilità di vedere sasselli e qualche colombaccio - © Giuliano Del Capecchi

Al rientro occorre stare nascosti agli occhi dei selvatici e possibilmente posizionarsi con il vento alle spalle: se sono presenti colombacci, sasselli e cesene il rientro dura un po’ di più mentre, se l’obiettivo sono tordi e merli, il momento magico è quello immediatamente precedente al cambio di luce tra giorno e buio: una mezzora, quaranta minuti che a volte possono regalare grandi emozioni.

Quando ci sono tanti uccelli, spesso le postazioni migliori sono occupate fino dal primissimo pomeriggio, come quando, potendo ancora cacciare i fringuelli, il rientro iniziava proprio con questi piccoli uccelli e finiva con i turdidi. Una situazione che ricordo ancora con nostalgia, con i pomeriggi di novembre caratterizzati da un continuo brontolio di spari provenienti dalle colline toscane... Oggi il rientro lo si pratica ai turdidi e ai colombacci e sono proprio gli uccelli blu, che si recano all’appollo prima degli altri, a consentirci di allungare un po’ il momento magico e spesso di regalarci anche qualche bel tiro. Fucili e cartucce sono quelli utilizzabili con successo per scaccia e spollo, avendo cura di montare uno strozzatore intermedio (***) e lavorando sulle cartucce da prima e seconda canna, da scegliere in base all’altezza di volo dei selvatici, spesso determinata dai fattori climatici.

Articolo concesso da Diana & Wilde / Edizioni Lucibello, novembre 2023

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