Pubblicato il in Conservazione
di Matteo Brogi

Monitoraggio del lupo: la guerra dei dati

In Italia i lupi sono circa 3.300: lo stima il Monitoraggio nazionale del lupo che si è finalmente concluso. Il dato ha i crismi del riconoscimento scientifico. Però fa discutere chi del tema si occupa sul campo. Da più parti si teme che sia viziato da un condizionamento ideologico

Il 12 maggio Ispra ha consegnato al Ministero della transizione ecologica la relazione Stima della distribuzione e consistenza del lupo a scala nazionale 2020/2021 che accompagna i dati ufficiali del Monitoraggio nazionale del lupo dalla stessa coordinato su mandato del Ministero. Richiesto a gran voce da tanti, è stato svolto tra il 2018 e il 2022 con una raccolta dati sul campo concretizzatasi tra l'ottobre del 2020 e l'aprile 2021. Scopo del lavoro era la stima dell'abbondanza (numero di individui) e la distribuzione (area minima occupata) della specie.

Lupo fotografato sull'Appennino bolognese nella valle del Limentra, affluente destro del fiume Reno
Lupo fotografato sull'Appennino bolognese nella valle del Limentra, affluente destro del fiume Reno - © Andrea Dal Pian

I risultati rappresentano delle stime realizzate secondo metodi statistici noti, scientifici, omogenei su tutto il territorio nazionale. La "forchetta" di riferimento (ossia l'ampiezza della possibile oscillazione tra un valore minimo e uno massimo) spazia – in termini di abbondanza – tra 822 e 1.099 esemplari nella zona delle regioni alpine (stima 946) e 2.020-2.645 esemplari nelle regioni dell'Italia peninsulare (stima 2.388). Il totale su base nazionale risulta pari a 3.307 esemplari (2.945-3.608). Valori interessanti che confermano come il lupo non sia più in pericolo e sorprendono parte della comunità scientifica: da un lato viene smentita la stima di "soli" 2.000 esemplari sventolata da anni dalle associazioni ambientaliste, dall'altro la percezione che della presenza del lupo ha chi vive la natura magari in maniera interessata. Come il cacciatore, quindi, che si deve confrontare con densità di ungulati in calo in molti distretti (per quanto riguarda capriolo e cinghiale) e il cambio delle loro abitudini che, da crepuscolari, si sono fatte sempre più notturne.

Il fenomeno della predazione è sicuramente il segno di presenza del lupo più evidente e in grado di destare allarme
Il fenomeno della predazione è sicuramente il segno di presenza del lupo più evidente e in grado di destare allarme - © Duccio Berzi

Consapevole della mia limitata conoscenza dell'aspetto scientifico del tema, ho sempre invitato alla prudenza: il calo di densità – del capriolo, per esempio – è documentata, i segni di predazione sono evidenti ma, prima di addossare tutte le colpe al lupo, è opportuno valutare le possibili concause che incidono sulle specie oggetto di prelievo. Tra le quali il lupo è presente ma non può essere considerata come l'unica.

Altri aspetti di conoscenza

Lo studio appena concluso ci informa di vari altri aspetti oltre all'abbondanza. Anzitutto del fatto che il lupo ha colonizzato la quasi totalità degli ambienti idonei, dalle Alpi alla pianura, occupando gran parte della nazione.
In secondo luogo conferma il rischio di ibridazione con il cane domestico (Canis lupus familiaris), che rappresenta una delle principali minacce per la conservazione della specie e favorisce modifiche del comportamento, possibili cause di conflitti con l'uomo. Sotto l'aspetto biologico, la perdita del patrimonio genetico del lupo è un danno importante. Dalle analisi compiute sui campioni raccolti (513 esemplari, circa il 15% della popolazione stimata), il 27,3% degli individui presenta segni di ibridazione (11,7% ibridazione recente e 15,6% ibridazione più antica, oltre tre generazioni nel passato). Insomma, il problema c'è ma non ha ancora raggiunto dimensioni drammatiche.

Aggregato a un gruppo numeroso, questo soggetto mostra chiari segni di ibridazione
Aggregato a un gruppo numeroso, questo soggetto mostra chiari segni di ibridazione - © Matteo Brogi

I dati raccolti hanno inoltre permesso di realizzare un database nazionale dei segni di presenza e dei dati delle analisi genetiche, uno studio dell'impatto del lupo sulle attività zootecniche in Italia attraverso l'analisi dei danni intercorsi nel periodo 2015-2019, uno studio sul monitoraggio molecolare del fenomeno dell'ibridazione antropogenica tra lupo e cane domestico. Insomma, se pure ci sono dubbi sulla sua correttezza, questo monitoraggio fornisce una base di conoscenza per approntare delle serie storiche e ipotizzare una seria gestione su basi scientifiche nel rispetto degli obiettivi di conservazione.

Gestione o intangibilità?

Come valutare la sostenibilità della popolazione in base alle condizioni ambientali italiane? Il monitoraggio non fornisce risposte in questo senso anche se, con i numeri che emergono dallo studio, è difficile ipotizzare strumenti di gestione differenti da quelli utilizzati finora. Quindi, sostanzialmente, nessuno. La sensazione, anche da parte di studiosi che hanno affrontato il tema, è che la pur solida base scientifica che ispira il monitoraggio sia stata piegata alle necessità della politica che, di gestione del lupo, non vuol sentire parlare. Si tratta di un tema totem, divisivo e controverso, con il quale la politica preferisce non confrontarsi. Il rischio di un salasso nelle urne, specie con una legislatura che vede non lontana la sua fine naturale, è concreto. Forse, sostengono alcuni, si è deciso di non decidere e lasciare tutto com'è, confidando nei cani da guardiania e nel risarcimento dei danni di chi patisce delle perdite economiche.

Studi ormai antiquati insistono sul fatto che la principale componente della dieta del lupo sia il cinghiale. Non mancano però gli esempi di predazione su altri ungulati
Studi ormai antiquati insistono sul fatto che la principale componente della dieta del lupo sia il cinghiale. Non mancano però gli esempi di predazione su altri ungulati - © Andrea Dal Pian

Non bisogna dimenticare che sul tema si scontrano visioni filosofiche differenti. Nell'estate 2019 ospitai su Cacciare a palla uno scambio di opinioni tra Franco Perco e Silvano Toso. Due decani della gestione faunistica, entrambi cacciatori. Il primo, per affrontare i problemi della ricolonizzazione del lupo e ispirandosi a quanto suggerito da David Mech per il Nordamerica, ipotizzava una strategia basata sulla zonizzazione del territorio nazionale in tre ambiti gestionali: tutela assoluta, controllo, eradicazione. Basandosi su studi del 2015, ipotizzava una potenzialità in termini di popolazione pari a 5.000 individui, che riduceva a circa 4.000 inserendo delle variabili prudenziali. Perco si faceva domande sull'intangibilità del lupo e, nel sistema di Mech, aveva individuato una delle possibili risposte ai "conservazionisti da salotto", che assimilava ai radical chic descritti da Tom Wolfe. Toso – che ha sempre professato un atteggiamento empatico con il lupo, suo "fratello di caccia" – sosteneva che "tutte le operazioni di controllo del lupo hanno determinato, solo e forse, un effetto placebo ma non hanno raggiunto i risultati auspicati da allevatori e cacciatori".

Predazione su daino. Nel corso dello studio sono state analizzate 491 carcasse di ungulati
Predazione su daino. Nel corso dello studio sono state analizzate 491 carcasse di ungulati - © Duccio Berzi

Insomma, due maestri, due uomini di scienza, due riferimenti per la comunità nazionale dei cacciatori, non riuscivano a dare una risposta univoca al tema pur essendo accomunati dal medesimo intento conservazionistico e dalla passione per la caccia. Io, che di entrambi sono debitore per quello che so, davanti a loro mi arrendo. Alla scienza si risponde con la scienza.

Affidabile o meno?

Resta aperto un tema: questo monitoraggio è davvero affidabile? È mai possibile che i lupi "alpini" costituiscano quasi un terzo della popolazione nazionale e siano raddoppiati in pochi anni? C'è chi dubita e avanza l'ipotesi che la commistione tra ricerca scientifica e gruppi d'interesse (sono state invitate a partecipare al monitoraggio Wwf, Lipu, Legambiente e Cai ma non le associazioni venatorie, per esempio) abbia portato a stime prudenziali che da una parte tranquillizzano l'opinione pubblica e da un'altra posticipano qualsiasi intervento gestionale. Lo rileva anche Franco Zunino, direttore dell'Associazione italiana per la wilderness, che ritiene che i lupi in Italia – per mere ragioni biologiche e matematiche – non possano essere meno di 5.000/7.000 e mette in evidenza che non si parli di gestione neppure nei casi degli ibridi (comunicato Aiw del 18 maggio 2022). "Un lupo qualsiasi pur che ci sia il lupo", sembra essere una linea invalicabile; Zunino propone di superare la logica dei censimenti per passare a stime basate "sui danni che [i lupi] arrecano". Un commento ed eventualmente una critica più approfondita su questo aspetto richiede un'analisi che ancora non si può fare mancando la disponibilità dei dati disaggregati. Non appena saranno disponibili, tornerò sull'argomento intervistando chi ha una competenza specifica da condividere.

Una buona fototrappola consente di monitorare la presenza degli ungulati sul territorio. A volte, la revisione delle immagini e dei video raccolti riserva delle sorprese
Una buona fototrappola consente di monitorare la presenza degli ungulati sul territorio. A volte, la revisione delle immagini e dei video raccolti riserva delle sorprese - © Matteo Brogi

Però è certo che siamo all'inizio di un percorso conoscitivo: il monitoraggio è sicuramente un passo avanti che colma una lacuna. Pur con i limiti dettati dalla complessità della specie, particolarmente elusiva e che per di più ha un areale di riferimento particolarmente vasto. Partendo da quanto adesso sappiamo, bisogna concentrarsi su altri studi e capire se, ad esempio, la dieta alimentare del lupo possa cambiare in determinati contesti e perché le popolazioni di capriolo siano in sofferenza. Insomma, le risposte da dare restano molte.

Postilla: Teoria a tecnica del monitoraggio

Il monitoraggio nel tempo di alcuni parametri di una popolazione è lo strumento essenziale per valutarne lo status di conservazione e verificare l'efficacia delle misure gestionali e di conservazione applicate. Il progetto sul lupo è stato ideato per superare la frammentazione di metodo degli studi precedenti. Le attività di monitoraggio dei segni di presenza si sono svolte in mille celle da 10x10 chilometri integrando un disegno di campionamento probabilistico con l'analisi genetica e le più moderne tecniche di indagine sul campo. I dati sono stati raccolti con la combinazione di un campionamento sistematico (sulla base di percorsi predefiniti e di foto-trappole) e uno opportunistico (dati ottenuti in modo casuale o sulla base di uscite non programmate). Quanto alle celle, sono state selezionate tutte quelle delle regioni alpine e il 35% di quelle idonee delle regioni peninsulari; per il restante 65% si sono utilizzati modelli statistici. Nel corso della campagna sono stati raccolti 24.490 segni di presenza della specie: 6.520 avvistamenti fotografici, 491 carcasse di ungulato predate, 1.310 tracce, 171 lupi morti. Sono state condotte analisi genetiche su 1.500 escrementi (su un totale di circa 16.000). Tutti i dettagli del monitoraggio sono disponibili in un'apposita sezione del sito di Ispra.

Il monitoraggio spiegato in un'infografica. Nel dettaglio sono indicati i segni di presenza raccolti dai 3.000 volontari che hanno operato nell'ambito del progetto
Il monitoraggio spiegato in un'infografica. Nel dettaglio sono indicati i segni di presenza raccolti dai 3.000 volontari che hanno operato nell'ambito del progetto - © Ispra

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