di Matteo Brogi
LIFE Perdix, il futuro della starna italica
Una visita al Centro faunistico di Bieri, gestito dai Carabinieri forestali del CUFAA, permette di fare il punto sul Progetto LIFE Perdix, vicino alla conclusione. Gli si deve la reintroduzione di quasi 30.000 esemplari di starna italica e il recupero di una sottospecie che era ormai estinta
A fine 2024 si concluderà il progetto LIFE Perdix, avviato nel 2019 e sostenuto da ISPRA (responsabile del progetto), Federazione italiana della caccia, Fedération Nationale des Chasseurs, Legambiente (responsabile della comunicazione), Parco Delta del Po, Ente Nazionale per la Cinofilia Italiana in collaborazione con il Consorzio di Bonifica della pianura di Ferrara. Scopo del progetto è la conservazione della starna italica (Perdix perdix italica), emblema degli ambienti rurali appenninici e di pianura, indicatore della salute degli ecosistemi agricoli, formalmente estinta in natura a seguito di un inarrestabile declino che l'ha coinvolta nel corso degli ultimi 50 anni.
Quello della starna italica è un caso emblematico delle trasformazioni sociali, culturali ed economiche dell'Italia del Novecento. A condurla all'estinzione sono state infatti numerose cause che includono l'abbandono delle campagne, il cambio delle pratiche agricole, con le monocolture a prendere il posto del mosaico di coltivazioni che era tipico di qualche decennio fa, una pressione venatoria eccessiva (l'Italia delle "due milioni di doppiette") e le malattie diffuse con gli esemplari di starna comune (Perdix perdix) utilizzate per i ripopolamenti. Come in altri casi, si pensi al declino della sottospecie del capriolo italico, la specie endemica italica ha perso la battaglia per la sopravvivenza con grave danno per il patrimonio biologico della nostra nazione.
La starna italica, un banco di prova
Il progetto LIFE Perdix, dunque, è stato un banco di prova importante per stabilire delle collaborazioni istituzionali di alto livello, che hanno permesso alla comunità dei cacciatori, grazie al coinvolgimento di FIDC, di dimostrare il proprio disinteressato impegno al fine della conservazione, talvolta ostentato ma solo a parole. Ho potuto constatarlo di persona in occasione di un evento di Legambiente, cui sono stato invitato come rappresentante della stampa di settore. Ne sono uscito rinfrancato sulle sorti della starna italica mentre, per quanto riguarda il coinvolgimento della comunità dei cacciatori, da una parte ho notato una certa resistenza a riconoscerle i meriti, dall'altra una sorta di timidezza a intestarseli.
Il successo del progetto lo si deve alla presenza di un numero esiguo di esemplari sopravvissuti in un allevamento del nord Italia che ha permesso la selezione della corretta linea genetica e la successiva predisposizione di un programma di allevamento e reintroduzione basato sull'utilizzo delle migliori tecniche gestionali.
Tra Toscana ed Emilia Romagna
Le operazioni di allevamento sono state condotte presso il Centro Faunistico di Bieri (LU) gestito dai Carabinieri Forestali del CUFAA (Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari) dove si sono anche studiate le tecniche di riambientamento; per l'immissione è stata scelta la Valle del Mezzano, all'interno di un sito della rete Natura 2000: la Zona di Protezione Speciale Delta del Po (ZPS IT4060008). Un'area di 18.000 ettari, non abitata, bonificata alla fine degli anni '60 e caratterizzata da estesi campi seminati attraversati da una fitta rete di canali dove, a inizio anni Ottanta, si stimava una popolazione naturale di circa 12.000 individui di starna italica.
Il "freddo micidiale" dell'inverno 1984/85, le indiscriminate operazioni di controllo della vegetazione spontanea durante il periodo di nidificazione e la predazione dei nidi portarono la popolazione all'estinzione. È qui che, a partire dal 2020, sono partite le prime operazioni di reintroduzione che, entro la conclusione dell'anno e del progetto, arriveranno a 30.000 esemplari.
Oltre alla costituzione di una popolazione vitale e persistente di starna italica, tra le altre azioni del progetto LIFE Perdix vanno evidenziati la definizione di uno stock riproduttivo selezionato per le caratteristiche genetiche del taxon endemico italiano da utilizzare a fini di conservazione ex situ e in situ; la definizione di uno stock riproduttivo di 3.000 individui di starna messi in sicurezza presso altri centri pubblici di conservazione ex situ per ulteriori progetti di reintroduzione in Italia; accordi di collaborazione con gestori di altre aree protette che permettano di replicare l'esperienza della reintroduzione in altre zone.
Legambiente...
Antonio Morabito, responsabile Fauna e benessere animale presso Legambiente, ha evidenziato il successo di questa iniziativa che porta come risultato la certezza che si può lavorare per stabilire «un nuovo equilibrio tra l'uomo e l'ambiente». Se il progetto ha avuto successo, hanno sottolineato tutti gli attori che ne hanno preso parte, è grazie alle azioni coordinate messe in campo dai singoli, ciascuno nel campo delle rispettive competenze.
Il successo di questo progetto LIFE va a mio avviso oltre le sorti della starna italica ma investe anche il campo delle relazioni tra il mondo venatorio e quello dell'ambientalismo. Se, infatti, è stata Federcaccia a prendersi inizialmente a cuore le sortiti della Perdix perdix italica e a imbastire il progetto, la proposta si è concretizzata anche grazie all'esperienza di Legambiente, che è attiva nei progetti LIFE ormai da più di 25 anni. «Il nostro ruolo si è fatto centrale» - mi dice Morabito - «nella realizzazione operativa del progetto, nel superare le criticità in fase di proposta e di attuazione, nel coinvolgimento dell'Arma dei Carabinieri - con cui già collaboravamo - e delle loro strutture». E rivendica per Legambiente anche il merito dell'aver portato avanti le fasi del racconto e della valorizzazione del progetto e dell'accordo con Federparchi, che gli darà continuità.
... e Federcaccia, insieme
Lato Federcaccia ho interpellato Daniel Tramontana, dell'Ufficio studi e ricerche, responsabile tecnico del progetto per conto dell'associazione venatoria: «FIDC ha curato gli aspetti di reintroduzione in natura, dall'individuazione delle strutture di ambientamento alla successiva liberazione nell'area di reintroduzione; con ISPRA ha curato ha la realizzazione dei miglioramenti ambientali su 50 ettari nelle nelle aree di reintroduzione; ha curato il foraggiamento delle starne nel Mezzano e le attività di controllo dei corvidi in collaborazione con gli ATC locali». La collaborazione con i cacciatori della Fedération Nationale des Chasseurs - inizialmente «uno scambio di esperienze sulla gestione conservativa di popolazioni selvatiche di starne» - ha poi fornito spunti inattesi, come l'adozione di una tecnica già sperimentata in Francia per l'adozione dei giovani starnotti da parte di coppie selvatiche che non si sono riprodotte.
Insomma, nonostante le inevitabili difficoltà - ambientali e talvolta di comunicazione - si è raggiunto l'obiettivo primario del progetto, quindi una popolazione di starna italica in grado di sostenersi, e si è creato un modello di partenariato che insegna come realtà differenti, anche tra loro molto distanti, possono collaborare per un fine comune. La conservazione della biodiversità e della fauna selvatica.
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