Bella preparazione, di oltre un secolo fa, di un esemplare adulto di chiurlottello
Bella preparazione, di oltre un secolo fa, di un esemplare adulto di chiurlottello - © Naturalis Biodiversity Center / Wikimedia Commons
Pubblicato il in Conservazione
di Diana & Wilde

L’estinzione del chiurlottello e le verità taciute

La verità è molto più complessa di come la si vuol divulgare quando la comunicazione è falsata dall'ideologia

di Roberto Basso

Non c’è stato movimento animalista che non abbia imputato alla caccia la responsabilità dell’estinzione del chiurlotello (Numenius tenuirostris) annunciata lo scorso novembre. Per questo motivo si reputa necessario condividere una serie di dati e notizie per dare un contributo alla vera storia del declino di questa specie vulnerabile.

L’Ispra (Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica), attraverso uno dei suoi massimi esperti nel campo degli scolopacidi paleartici, Nicola Baccetti, ha pubblicato diversi autorevoli ed esaustivi lavori. Nel 1995, con la pubblicazione su Ricerche di biologia della selvaggina numero 94 di un articolo dal titolo Revisione delle catture italiane di una specie giunta sull’orlo dell’estinzione, dopo aver svolto un’accuratissima indagine presso tutti i musei di storia naturale italiani, stranieri e collezioni private e pubbliche internazionali che ne possedevano esemplari, seppur storici, provenienti dall’Italia, ha potuto elencare tra il 1828 e il 1974 un numero pari a 141 catture.

Habitat scomparsi

Catture corredate di dati morfologici e, in molti casi, documentate da una diretta visione per appurarne la specie di appartenenza, vista la similitudine dei soggetti in livrea giovanile con il chiurlo piccolo. Gli esemplari provengono da diverse regioni italiane, soprattutto dal centro-sud Italia, e di questi almeno 104 sono tuttora conservati in noti musei civici o collezioni. Questo importante e accurato lavoro consente di delineare un quadro abbastanza preciso della fenologia stagionale delle presenze storiche: essa indica in marzo e settembre i mesi maggiormente interessati dal transito migratorio con una maggiore consistenza in primavera, dall’inizio di marzo alla fine di maggio. Sappiamo inoltre che il chiurlotello era considerato migratore regolare e localmente abbondante in diversi paesi dell’Europa orientale come Romania, Ungheria, Polonia e Grecia alla foce del fiume Evros.

Stampa ottocentesca russa che riproduce il profilo di un esemplare adulto di chiurlottello. L’estinzione di una specie è accertata mediante modelli probabilistici che, in questo caso, definiscono una probabilità pari al 96%. Il chiurlotello è la terza specie quasi certamente estinta dopo l’Alca impenne (Pinguinus impennis, anno di estinzione 1844) e l’Haematopus meadewaldoi, la beccaccia di mare endemica delle Canarie (anno di estinzione 1940)
Stampa ottocentesca russa che riproduce il profilo di un esemplare adulto di chiurlottello. L’estinzione di una specie è accertata mediante modelli probabilistici che, in questo caso, definiscono una probabilità pari al 96%. Il chiurlotello è la terza specie quasi certamente estinta dopo l’Alca impenne (Pinguinus impennis, anno di estinzione 1844) e l’Haematopus meadewaldoi, la beccaccia di mare endemica delle Canarie (anno di estinzione 1940) - © Henrik Grønvold

Grazie alle date e località italiane di cattura, oggi possiamo comprendere quelle che erano le aree privilegiate di transito o svernamento e il perché delle difficoltà che può aver subito la specie. Difatti, molti di questi ambienti naturali nell’ultimo secolo sono stati oggetto di bonifiche, cementificazioni o riconversioni in ambienti fortemente sfruttati sotto il profilo agricolo o urbanistico. Soprattutto nel sud Italia oggi non esistono più gli ampi spazi di gariga, in prossimità del mare o di zone umide, foci di fiumi, bacini o paludi di acqua salmastra e salicornieti. La specie non disdiceva anche quei prati umidi stagionali solitamente utilizzati dal pascolo di ovini, caprini, bovini e bufali, un tempo frequenti e diffusi nella Maremma laziale, ove i chiurlottelli sostavano e svernavano con importanti densità numeriche assieme a pivieri, pavoncelle, combattenti, chiurli e chiurli piccoli. Basti pensare a una cattura di chiurlottello nei dintorni di Genova nel dicembre 1940: ebbene, lì oggi sorge l’aeroporto della città.

Una presenza comunque marginale

Anche l’Italia ha posto in essere dei piani di azione negli anni ’90, con obiettivi mirati alla protezione e conservazione dei siti e habitat più idonei per la sosta del chiurlottello, stanziando risorse soprattutto finalizzate al miglioramento ambientale. Ma l'osservazione più interessante scaturisce dall’esame delle catture certe italiane nel lasso di circa un secolo e mezzo, dato che dimostra una presenza piuttosto marginale e occasionale per l’Italia.

Ripristino ambientale con recupero di una zona umida in prossimità del mare
Ripristino ambientale con recupero di una zona umida in prossimità del mare - © Roberto Basso

Per fare un esempio tangibile, sappiamo che in tutti i musei civici e collezioni private italiane gli esemplari di specie consimili come il chiurlo e il chiurlo piccolo, raccolti nello stesso periodo, montati o in pelle, ammontano ad alcune decine di migliaia di esemplari, e l’Italia, oggi, ne vanta una popolazione svernante o di transito di assoluto rilievo. Non solo, il chiurlo piccolo e il chiurlo sono specie tuttora cacciabili in gran parte degli Stati del nord e centro Europa.

Il contributo della tassidermia

Sempre Nicola Baccetti, con Marco Zennatello, in una pubblicazione del 2001 all’interno della collana dei Quaderni dell’ISPRA di conservazione della natura, in una tabella sinottica delle minacce e dei fattori limitanti per la specie, mette al primo posto “la perdita di habitat per trasformazione e/o degrado”. Sicuramente la specie, data con un’indole a volte molto confidente, sarà stata oggetto nel secolo scorso di catture, ma non tali da poter essere imputate come causa principale dell’estinzione. Qualcuno afferma anche che, potendo essere stata così comune, era oggetto di un consumo soprattutto alimentare. Su questo aspetto mi permetto di non essere d’accordo; per decenni ho svolto ricerche sui più antichi e prestigiosi laboratori di tassidermia italiani, quelli che nel secolo scorso preparavano e fornivano le collezioni dei più importanti musei e università italiane. Ebbene, i tassidermisti erano persone competenti cui non potevano sfuggire certo specie rare o non comuni, come anche esemplari anomali nel piumaggio o con caratteri teratologici, quando si recavano nei mercati cittadini di pollame e selvaggina a esaminare quanto settimanalmente raccolto.

Tre esemplari di chiurlottello ex collezione Conte Ettore Arrigoni degli Oddi
Tre esemplari di chiurlottello ex collezione Conte Ettore Arrigoni degli Oddi - © Roberto Basso

Da alcuni appunti delle quattro generazioni dei tassidermisti Bajnotti del Regio laboratorio di Torino, emerge dall’elenco delle specie maggiormente ricercate proprio il chiurlottello, e siamo tra la fine dell’800 l’inizio del ‘900. Posso affermare con assoluta certezza che se tra i mazzi di scolopacidi o trampolieri compariva un chiurlottello, sarebbe sicuramente stato motivo di interesse e acquisto e raramente sarebbe stato destinato al piacere culinario.

Specie confidente o diffidente?

Anche alcune notizie del passato, contraddittorie sull’aspetto della sua confidenza o diffidenza nei confronti dell’uomo, possono trovare una giustificazione etologica. Quando gli stormi monospecifici di chiurlottelli sono incominciati a diminuire sia di numero che di densità, gli stessi hanno sviluppato un comportamento di aggregamento con altri consimili, sicuramente più diffidenti di loro, e questo ne ha provocato un imprinting comportamentale.

Questi erano gli ambienti ideali per la sosta e l’alimentazione del chiurlottello
Questi erano gli ambienti ideali per la sosta e l’alimentazione del chiurlottello - © Roberto Basso

Si può proteggere una specie quanto si vuole, nel modo anche più integrale, con l’istituzione di oasi o aree protette, ma se la stessa non trova una quantità di cibo sufficiente al suo sostentamento e una o più volte all’anno un ambiente idoneo per riprodursi è destinata a un inesorabile declino. Ecco perché tutte quelle specie che si sono adattate a vivere a stretto contatto con l’uomo aumentano a dismisura mentre, al contrario, le altre specie più sensibili alla sua invadenza continuano a diminuire mostrando importanti criticità di sopravvivenza.

Un rapido declino con molti responsabili

Da alcuni dati circostanziati, pare che l’areale riproduttivo agli inizi del 1900 possa essere stato nella Siberia occidentale e nelle ampie steppe del Kazakhstan. Mentre, per quello che riguarda gli areali di svernamento, emergerebbero gli ampi territori del Medio Oriente, forse anche la Penisola arabica, Turchia, Iraq, Iran, Yemen e la parte nord-occidentale di Tunisia e Marocco. È più che plausibile che la penisola italiana sia stata solo marginalmente interessata dalle rotte migratorie dei chiurlotelli e che, come asserì l’esimio ornitologo Edgardo Moltoni (1896-1980), non vi siano stati casi certi di nidificazione, né in Italia né in Sicilia, come qualcuno volle asserire.

Acquarello di un primo piano di un chiurlottello in livrea primaverile
Acquarello di un primo piano di un chiurlottello in livrea primaverile - © Roberto Basso

Nel decennio del 1990 la relitta popolazione era stata stimata tra i 50 e i 270 individui (Gretton, 1994). Questo dato così frammentato è dovuto proprio alla vastità degli ambienti e territori in cui la specie nidificava, svernava e probabilmente compiva erratismi stagionali. Altre fonti, invece, dicono che dal 1995 non sono più state documentate segnalazioni di avvistamenti.

È da augurarsi, in futuro, che se in Europa dovessero ripetersi casi di specie fortemente minacciate e a rischio di estinzione, non si vada ad accusare gratuitamente una categoria ma si cerchi di porre in essere una sinergica sensibilizzazione e cooperazione tra tutte le realtà sociali, venatorie, ambientaliste, scientifiche e politiche affinché si reperiscano uomini, mezzi e risorse per scongiurare il ripetersi di simili eventi.

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