di Matteo Brogi
L'ecoansia di papa Francesco nell'esortazione Laudate Deum
Non solo fauna selvatica. La cura della "casa comune" prevedere un impegno su più livelli e da parte di tutti per scacciare l'ecoansia - fenomeno tipico dei nostri tempi - e non cadere in quel culto neopagano che è l'ecologismo
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Ecoansia (eco-ansia), sostantivo femminile: la profonda sensazione di disagio e di paura che si prova al pensiero ricorrente di possibili disastri legati al riscaldamento globale e ai suoi effetti ambientali. Così il dizionario Treccani definisce il neologismo entrato nel 2022 nell'uso comune. Questo termine, con il quale ormai ci confrontiamo frequentemente, si aggiunge ad altri che definiscono l'attenzione del nostro mondo per l'ambiente: ecocidio, per esempio, opera di consapevole distruzione dell'ambiente naturale (sempre secondo il dizionario); ecolatria - sostantivo che ancora non ha trovato spazio nel Treccani - che identifica l'ossessione, il vero e proprio culto dell'ambiente.
Si tratta di termini comuni nel linguaggio dei catastrofisti dell'ambiente: «I don't want you to be hopeful, I want you to panic» (non voglio che abbiate speranza, voglio che siate nel panico) è lo slogan che lanciò Greta Thunberg al World Economic Forum di Davos 2019 e dipinge perfettamente l'approccio di chi condivide quella visione catastrofista. Ansiogena.
Papa Francesco: l'esortazione apostolica dopo l'enciclica
Affronto questo tema spinoso e apparentemente poco in linea con gli argomenti trattati usualmente da Hunting Log spinto dalla pubblicazione, lo scorso 4 ottobre 2023, dell'esortazione apostolica Laudate Deum di papa Francesco. Un documento, sottolinea il titolo, indirizzato "a tutte le persone di buona volontà sulla crisi climatica".
Francesco aveva già affrontato il tema della "cura della casa comune" con la sua enciclica Laudato si' del maggio 2015 in un'ottica sistemica esplicitando anche in chiave teologica come all'origine della mancanza di cura dell'ambiente ci fosse un peccato di presunzione dell'uomo-creatura - quello di sentirsi dio - con conseguente convinzione di essere non custode ma padrone della natura. Scriveva quindi di ecologia in una visione ampia, non limitata agli aspetti ambientali e all'inquinamento.
L'esortazione apostolica (che è un documento ufficiale ma gerarchicamente inferiore all'enciclica) appena diffusa presenta invece una visione che è stata a mio avviso correttamente definita "parziale" (Emanuele Boffi in un editoriale su Tempi) perché... militante.
Tra posizioni apocalittiche e legittime preoccupazioni
Scrive Papa Francesco: «Sono passati ormai otto anni dalla pubblicazione della Lettera enciclica Laudato si', quando ho voluto condividere con tutti voi, sorelle e fratelli del nostro pianeta sofferente, le mie accorate preoccupazioni per la cura della nostra casa comune. Ma, con il passare del tempo, mi rendo conto che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura».
Il Papa solleva preoccupazioni ineccepibili: «la nostra cura per l'altro e la nostra cura per la terra sono intimamente legate. Il cambiamento climatico è una delle principali sfide che la società e la comunità globale devono affrontare. Gli effetti del cambiamento climatico sono subiti dalle persone più vulnerabili» e, pure, che «l'origine umana - "antropica" - del cambiamento climatico non può più essere messa in dubbio»; però alcune osservazioni paiono quasi dare giustificazione alle «azioni di gruppi detti "radicalizzati". In realtà, essi occupano un vuoto della società nel suo complesso, che dovrebbe esercitare una sana pressione, perché spetta ad ogni famiglia pensare che è in gioco il futuro dei propri figli». Alla voce "Le cause umane" del cambiamento climatico vengono elencate una serie di evidenze anche discutibili e l'indice delle fonti dell'esortazione richiama più le Conferenze per il clima che non altri documenti apostolici.
Compagni di viaggio impresentabili
A questo si aggiunge che a presentare in Vaticano il documento del Papa lo scorso 5 ottobre ci fossero militanti ecologisti tra cui Luisa-Marie Neubauer, leader tedesca di Fridays for Future (qui è pubblicato il suo intervento).
Papa Francesco conclude la sua esortazione invitando «ciascuno ad accompagnare questo percorso di riconciliazione con il mondo che ci ospita e ad impreziosirlo con il proprio contributo, perché il nostro impegno ha a che fare con la dignità personale e con i grandi valori». Tutto vero ma altrettanto suscettibile di interpretazioni che con il Magistero della Chiesa hanno poco a che fare e, piuttosto, paiono avvalorare un culto pagano, quello dell'ambiente, che sembra sostituirsi a quello che ha forgiato la nostra civiltà.
Il neopaganesimo non è la soluzione
Qui mi soccorre un altro autore, Federico Rampini, giornalista ed editorialista del Corriere della Sera, che nel suo saggio Suicidio occidentale mi ha permesso di conoscere il pensiero di Chantal Delsol, filosofa, storica e scrittrice francese. In La fine della cristianità e il ritorno del paganesimo (Cantagalli 2023), Delsol individua nell'ecologismo un trapasso di civiltà che ricorda quanto accadde nel IV secolo d.C. nell'Impero romano, quando il cristianesimo soppiantò il paganesimo spazzando via usanze e credenze precedenti. Oggi l'Occidente - con l'affermarsi del culto ecologista, una vera e propria religione - sembra cancellare le norme cristiane per risuscitarne di pagane, in una rincorsa ad abbattere tutti i principi che hanno forgiato il nostro mondo. Si chiama inversione normativa e altro non è - sottolinea Rampini - che la "demolizione sistematica del passato". Sull'altare di questa forma perversa di ambientalismo si sacrifica tanto e, anziché assistere a un progresso dell'umanità, si assiste a una regressione di quasi 2.000 anni.
Il tema è complesso, le preoccupazioni di Francesco sono fondate così come il suo invito ad avere cura della "casa comune". Bisogna però evitare che il confronto con gli ecologisti e tutti gli ansiosi di questa terra ci faccia perdere di vista l'obiettivo finale. Bisogna sì aspirare a una "conversione ecologica globale", come esortò San Giovanni Paolo II nel 2001, a «eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell'economia mondiale e correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto dell'ambiente» come disse Benedetto XVI nel 2007, ma bisogna evitare di cadere nell'"ecolatria e nelle ossessioni apocalittiche" (Giulio Meotti, Il dio verde, LiberLibri 2021) della nuova religione ecologista. Di ansie ne abbiamo a sufficienza, concentriamoci su soluzioni concrete, rapide da attuare, non utopistiche.
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