Un recente saggio indaga il rapporto tra Italo Calvino e gli animali, frequenti ospiti della sua opera letteraria
Un recente saggio indaga il rapporto tra Italo Calvino e gli animali, frequenti ospiti della sua opera letteraria - © Treccani
Pubblicato il in Conservazione
di Diana & Wilde

La caccia, gli animali, l’antropocene e Italo Calvino

Antropocentismo e biocentrismo fanno capolino più volte nell’opera di Calvino. Un recente saggio mette in evidenza l’importanza degli animali nella sua opera

di Felice Modica

Italo Calvino fu un animalista nel senso più nobile del termine, non praticò la caccia né l’amò ma, direttamente o indirettamente, vi fece riferimento più volte nella sua vasta opera, sempre con quella straordinaria leggerezza che costituisce la sua cifra stilistica e gli assicura l’immortalità nel mondo delle lettere.

Ne Il barone rampante, che fa parte della trilogia I nostri antenati, lo scrittore narra le gesta del bassotto Ottimo Massimo che è, a tutti gli effetti, ciò che deve essere un bassotto: naso di segugio e cuore di leone. La storia è nota ma, per i pochi che non la conoscessero, vale la pena ricordarla per sommi capi. Cosimo Piovasco di Rondò è un rampollo di nobile famiglia che un giorno, precisamente, il 15 giugno del 1767, attua un gesto di ribellione contro il suo dispotico padre, rifiutando a tavola un piatto di lumache. L’inaudito gesto di insubordinazione fa sollevare il sopracciglio agli austeri e sussiegosi convitati. Per tutta risposta, il giovinetto, che è vestito con tanto di spadino per la cerimonia del pranzo, come s’addice al suo stato sociale, si alza e se ne va. Per meglio dire, si arrampica su un albero (un elce, per l’esattezza) con la scioltezza che gli deriva, oltre che dall’età, dal lungo esercizio ginnico compiuto nelle quotidiane sfide col fratello a chi sale più in alto. Sulle prime i familiari compiangono il figliol prodigo convinti che, al pari del protagonista della evangelica parabola, presto farà ritorno a casa con le pive nel sacco.

Un uomo e un cane, entrambi cacciatori

Sbagliano però di grosso. Infatti, Cosimo sull’albero ci vivrà, cacciando e mangiando il cacciato. E, perfino, vestendosi con le pelli degli animali uccisi (lepri, volpi, martore e furetti, che poi, probabilmente, avrà voluto dire donnole, anziché furetti, ma si accetta la licenza poetica). Una svolta nella vita del giovane barone che vive come Tarzan avverrà, appunto, con l’incontro di Ottimo Massimo; intendiamoci, non che se la passasse proprio male, prima... Uccideva selvaggina, aveva trovato il modo di cucinarsela e quella che gli avanzava la scambiava con ortaggi e frutta fresca, inoltre s’era fatto amici una capra e una gallina ed entrambe gli assicuravano, rispettivamente, latte e uova freschi tutti i giorni.

Coco, femmina di bracco francese, ausiliare di Felice Modica, autore di questa recensione
Coco, femmina di bracco francese, ausiliare di Felice Modica, autore di questa recensione - © Felice Modica

S’era ingegnato per una confortevole toilette consistente in una forcella che sporgeva proprio sul fiume Merdanzo (l’ironia di Calvino…). Insomma, era autosufficiente e con tutti i comfort. Però le cose cambiarono molto quando Ottimo Massimo comparì nella sua vita. Accadde che una squadra di cacciatori passasse sotto il suo albero, all’inseguimento di una volpe. Cosimo avrebbe potuto tirare alla rossa predona, ma non lo fece perché era un cacciatore corretto e non l’aveva levata lui. Il cane viene descritto come “una specie di delfino che nuotava affiorando un muso più aguzzo e delle orecchie più ciondoloni di un segugio”. Prosegue: “dietro era un pesce; pareva nuotasse sguazzando pinne, oppure zampe di palmipede, senza gambe e lunghissimo. Uscì nel pulito: era un bassotto”.

Esser liberi vivendo liberamente

Per farla breve, il bassotto vide Cosimo sull’albero, da bravo cane non si sorprese, ma gli scodinzolò. I segugi della squadra dei cacciatori scacciarono il bassotto e poi presero una pista che li condusse lontano. Cosimo pensò che la volpe si fosse acquattata nel cespuglio sotto di lui ma, quando Ottimo Massimo la scovò, rinunciò a spararle perché non è la sua selvaggina (in ciò, Calvino mostra di conoscere l’etica venatoria). Subito dopo, però, quando chiederà ai cacciatori se sono i proprietari del bassotto, si sentirà rispondere con una raffica di insulti che, condensati, dicono più o meno: “ti sembriamo gente da perder tempo con un bassotto?” Nel frattempo, Ottimo Massimo ha trovato un’altra volta la volpe, le ha fatto fare il giro del mondo in 80 minuti e l’ha costretta a ripassare sotto l’elce di Cosimo. Che, onorando la sua posizione di barone rampante, ovvero, di gentiluomo con la testa per aria, stavolta può sparare e farà fuori la rossa predona. Come può vedersi, c’è, addirittura, una storia epica che ha come protagonista questo piccolo cane e c’è l’amore per i piccoli di Calvino, gli (apparentemente) indifesi, il gusto per la ribellione, l’andar controcorrente, lo sfatare i pregiudizi, l’essere liberi vivendo liberamente e pagando con gioia il prezzo della libertà.

Questo si vede in tutti i libri di Calvino. In un recente saggio di Serenella Iovino edito dalla Treccani, Gli animali di Calvino (in realtà si tratta della riscrittura di un testo inglese della stessa autrice che insegna alla University of North Carolina Chapel Hill, rivisitato e ampliato), viene messo in evidenza come l’autore non abbia mai smesso di raccontare di animali.

Serenella Iovino, Gli animali di Calvino. Storie dall'antropocene, Treccani, 2023, 216 pagine, 18 euro
Serenella Iovino, Gli animali di Calvino. Storie dall'antropocene, Treccani, 2023, 216 pagine, 18 euro - © Treccani

Calvino, un anticipatore della riflessione sull’antropocentismo

Addirittura, parlando di formiche argentine, ha anticipato con la letteratura temi ecologici che oggi sono attualissimi e particolarmente sentiti, come le conseguenze delle invasioni di specie alloctone. Con grande acutezza, l’autrice si interroga mettendo a confronto antropocentrismo e biocentrismo e a tante domande, a seconda di come si guardino le cose, non v’è risposta certa. È certo, però, che i libri e le bestie di Calvino, siano formiche, gatti, gorilla rinchiusi allo zoo, o modeste galline, o bassotti, o insetti vari, raccontano tutti con impressionante forza anticipatrice il periodo che da una ventina d’anni chiamiamo antropocene. Cominciarono Eugene Stoermer, biologo lacustre del Michigan e il premio Nobel Paul Crutzen, chimico dell’atmosfera. Nel 2.000 entrambi scrissero un articolo a quattro mani in cui sostenevano che la pressione delle umane attività abbia iniziato ad avere effetti duraturi su clima e atmosfera, e su tutti i cicli biologici, chimico-fisici e geologici della terra. Crescita della popolazione, sfruttamento esagerato delle risorse fanno sfuggire tutto al controllo. Con la conclusione che l’Homo sapiens è adesso una forza geologica, e le bestie calviniane fanno parte di un mondo che è anche il nostro di oggi.

Articolo concesso da Diana & Wilde / Edizioni Lucibello, febbraio 2025

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