di Matteo Brogi
In difesa della caccia con l'arco
L'arco è un mezzo di caccia consentito dalla legge 157/92. Eppure, perché sia possibile utilizzarlo nel prelievo di selezione, è necessaria una espressa indicazione nel calendario venatorio regionale. Regione Liguria ha appena colmato questo vuoto, scatenando le polemiche delle Associazioni animaliste che lo considerano un mezzo barbaro. L'esperienza dei paesi che hanno davvero a cuore la conservazione ci dimostra, però, che l'arco è uno strumento che esalta la sostenibilità del prelievo minimizzando le sofferenze del selvatico
Un emendamento presentato da Alessio Piana, presidente della Commissione Attività produttive di Regione Liguria, approvato meno di una settimana fa, ha introdotto la possibilità di effettuare la caccia di selezione anche con l'arco, strumento peraltro inserito tra i mezzi di caccia consentiti proprio dalla legge 157 (articolo 13, comma 2). Abbastanza inspiegabilmente - se affrontiamo la questione con raziocinio - la successiva delibera che ha colmato il vuoto legislativo ha suscitato proteste tra le associazioni animaliste, culminate il 30 luglio nella presentazione di una petizione su Change.org che, al momento, ha raccolto circa 5.000 firme.
Mail bombing e petizione on line
Alla petizione Vietare la caccia, con arco e frecce, agli animali, in Liguria si è affiancata un'azione di mail bombing (se ne legge il testo nell'articolo di Genova today del 29 luglio), nei confronti del presidente Toti e dei gruppi consiliari, in cui la caccia con l'arco viene definita una «barbarie».
Si tratta, forse, di un'iniziativa scontata da parte delle Associazioni animaliste e contrarie alla caccia (mi preme anche segnalare lo «sdegno» dell'intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e la tutela dell'ambiente, organismo trasversale tra le forze politiche presieduto da Michela Vittoria Brambilla), ma è opportuno fare un po' di chiarezza perché la questione non può essere trattata con superficialità e un approccio scientifico è d'obbligo quando si dichiara - come ha fatto la Brambilla - che «di sicuro gli animali trafitti moriranno dissanguati tra indicibili sofferenze». Aggiungendo: «chi, negli anni Venti del XXI secolo, rilancia per legge la caccia con arco e frecce, che produce inutili e gravi sofferenze per gli animali, merita l'appellativo di barbaro».
Caccia con l'arco: i riferimenti scientifici ci sono
Le pezze d'appoggio ce le dà l'Ispra, punto di riferimento quando di parla si scienza, a partire da un parere rilasciato il 27 marzo 2009 da Silvano Toso, all'epoca dirigente dell'Istituto. Toso scrive nero su bianco che «L'esperienza maturata negli ultimi decenni in molti paesi ha dimostrato che l'arco, se utilizzato correttamente, consente l'abbattimento degli ungulati in maniera adeguata agli standard tecnici ed etici che caratterizzano l'abbattimento con un'arma da fuoco a canna rigata. Inoltre, poiché la gittata utile dell'arco in termini venatori è molto piccola (massimo 30 metri) il riconoscimento preventivo della classe di sesso e di età dell'animale da prelevare, presupposto di base della caccia selettiva, risulta facilitato». Ciò premesso, per l'Istituto «l'uso dell'arco per il prelievo selettivo degli ungulati risulta accettabile»; nel 2014 vennero date anche indicazioni sulle caratteristiche minime dell'attrezzatura da utilizzare.
Successivi pareri dello stesso Istituto (segnalo quelli del 4 aprile 2014 e del 10 giugno 2016, entrambi a firma di Piero Genovesi) aggiungono che «L'arco possa in generale essere annoverato tra i mezzi utilizzabili per la realizzazione di interventi di controllo del cinghiale, sia in aree venabili sia in aree protette». E che l'arco sia un valido mezzo alternativo all'impiego delle armi da fuoco in quanto permette una maggior certezza nell'identificazione dell'animale soggetto al prelievo, non comporta rischi di effetti indesiderati su altre componenti ambientali, offre un'adeguata sicurezza per gli operatori, può favorire il controllo in zone caratterizzate da particolare criticità (in prossimità di centri abitati o in aree protette, per esempio). La delibera del 2014 si spinge a suggerire distanze massime di tiro di 15-20 metri per arco ricurvo e di 25-30 metri per arco compound, così da fornire un'ulteriore base d'appoggio per un prelievo etico.
Affrontiamo il pregiudizio
Scrivo queste note perché sono consapevole che non manchi un certo pregiudizio nei confronti degli arcieri anche nella comunità dei cacciatori. Nel resto del mondo - dove si fa veramente conservazione, come negli Stati Uniti - l'arco è considerato il mezzo più ecologico anche dagli animalisti, che apprezzano le maggiori abilità che impone al cacciatore per effettuare il prelievo e le difficoltà a esso connesse che riducono inevitabilmente l'impatto sull'ambiente.
A beneficio di coloro che sono interessati ad approfondire l'argomento, segnalo che - parimenti alla caccia con l'arma da fuoco, dove si evidenzia l'energia cinetica minima necessaria per procedere con ragionevole certezza all'abbattimento - anche nella caccia con l'arco è fondamentale rispettare dei valori energetici minimi. Solo che, in questo caso, all'energia cinetica si affianca un altro valore, quello del momentum, la quantità della forza di penetrazione che la freccia sviluppa nel suo moto direzionale. L'amico Emilio Petricci, uno dei promotori della caccia di selezione con l'arco in Toscana, ha sviluppato una tabella che indica i valori minimi di queste due forze per le specie italiane:
selvatici di peso inferiore ai 50 kg - energia cinetica 60/65 ft/lb - momentum 0,44/0,47 slug;
selvatici di peso inferiore ai 100 kg - energia cinetica 65/70 ft/lb - momentum 0,47/0,50 slug;
selvatici di peso inferiore ai 200 kg - energia cinetica 70/75 ft/lb - momentum 0,50/0,55 slug;
selvatici di peso superiore ai 200 kg - energia cinetica 75/80 ft/lb - momentum 0,55/0,60 slug.
Rispettando congiuntamente questi valori - elaborati a partire da tabelle sviluppate in America per le specie autoctone - si può a buona ragione parlare di prelievo etico (o compassionevole, come mi piace chiamarlo), nel rispetto del selvatico e di tutte le sensibilità in gioco, anche quelle più distanti da noi. Il resto sono chiacchiere da bar.
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