di Matteo Brogi
Il cacciatore responsabile: proviamo a definirlo
Si fa presto a parlare di responsabilità del cacciatore, sostenibilità dell'attività venatoria e conservazione finché si resta su un piano ideale. Più difficile è declinare questi concetti astratti in pratica reale
Approfitto dell'esperienza a Eos Show 2022, la fiera dedicata anche alla caccia che si è appena conclusa a Verona, per fare il punto sulla questione della sostenibilità e proporre qualche spunto di riflessione. Ebbene, esemplificando al massimo, per definire la caccia responsabile potrei limitarmi a riportare i cardini cui faceva riferimento Franco Perco: scienza, conoscenza e coscienza. L'adesione a questi principi sarebbe una bussola sufficientemente precisa per guidarci nella giusta direzione. Ma restiamo sempre nel campo dell'enunciazione di principi, quindi nell'astratto, quando invece abbiamo la necessità di confrontarci con la pratica.
Parlando di gestione corretta, è facile addossare tutte le responsabilità al cacciatore. Facile e ipocrita. A monte, non possono mancare gli interventi normativi e le buone pratiche delle istituzioni – che devono metterci nelle condizioni di praticare l'attività venatoria nel rispetto dell'ambiente – e un'azione forte da parte delle aziende produttrici di armi, munizioni, ottiche, accessori che devono fornire al cacciatore gli strumenti per essere efficace nel prelievo e di esserlo nel rispetto di una serie di valori che oggi fanno parte di una diffusa sensibilità ambientale.
Ci sono aziende che hanno una maggiore responsabilità in quanto leader di mercato e fornite di una reputazione tale da condizionarlo. In Italia è difficile non pensare a Beretta. E Beretta, come gruppo, da qualche anno ha coerentemente assunto il ruolo di guida grazie a Franchi che, nelle sue campagne di comunicazione e nell'esperienza della Food Academy, ormai mette sempre l'accento sui temi della sostenibilità ambientale. Sui temi della sostenibilità economica e sociale – le altre due gambe su cui si appoggia questo termine che è divenuto il mantra di questi tempi – la stessa Beretta, stavolta intesa come Fabbrica d'armi, fa molto e lo comunica mediante il bilancio di sostenibilità che, prima azienda del settore, ha volontariamente elaborato a fine 2021.
Qualche novità di mercato
Anche le buone pratiche per fortuna sono "virali" e lo testimonia Eos dove, quest'anno, Baschieri & Pellagri ha finalmente presentato in presenza la sua borra Green Core, che anche Fiocchi ha inserito nel suo caricamento PL32 Bio. Lo storico produttore bolognese di munizioni a pallini ha voluto rimarcare una tradizione di sostenibilità ambientale, la propria green legacy, che comprende vari caricamenti atossici in acciaio e leghe speciali.
Ancora nel campo del munizionamento è da rimarcare che è finalmente arrivata anche in Italia la linea di cartucce Bio ammo, in cui bossolo e borra sono ricavati da biopolimeri biodegradabili e biocompostabili che ne garantiscono la degradazione in natura. Le cariche sono disponibili anche in acciaio (o leghe atossiche nel caso del munizionamento slug) e garantiscono l'annullamento della dispersione di sostanze sintetiche in natura. Va ringraziato Paganini, che provvederà alla distribuzione.
Passando alla canna rigata, la carabina Haenel Jaeger Nxt è la prima arma che reclamizza una canna ottimizzata per il munizionamento atossico (green barrel è il suo nome). Quanto alle cartucce, tutte le nuove proposte 2022 di Ruag (ma gli esempi sono numerosi) sono atossiche, a ulteriore dimostrazione che il trend è ormai segnato e il futuro promette ulteriori sorprese. Nel definire questo futuro, Fondazione Una continua a fare la propria parte: in occasione della giornata mondiale della biodiversità (22 maggio), coordinerà per un'intera settimana l'Operazione paladini del territorio in cui tutte le Associazioni venatorie, i cacciatori e la cittadinanza in generale sono invitati a impegnarsi tra il 21 e il 29 maggio in azioni concrete di pulizia e ripristino ambientale in zone offese da degrado e sporcizia. Sempre Fondazione Una, a Eos, ha premiato due tesi di laurea dedicate ai temi della tutela e della conservazione del patrimonio naturale. Insomma, di esempi virtuosi non ne mancano.
Dalla teoria alla pratica
Ma cosa può fare il singolo cacciatore per essere davvero responsabile? Tantissimo e con poco. La sua attività deve esprimersi tramite:
- un impatto minimo della sua presenza nell'ambiente;
- il rispetto del diritto degli altri, siano proprietari del terreno o appassionati di outdoor che frequentino la natura per scopi ricreazionali diversi;
- il continuo studio e aggiornamento volto al rispetto della fauna e alla sostenibilità del prelievo;
- la conoscenza dell'arma impiegata e delle sue potenzialità;
- un adeguato allenamento in poligono per concretizzare un prelievo "compassionevole" che minimizzi la sofferenza per il selvatico;
- la consapevolezza legale (conoscenza e rispetto di tutte le leggi in vigore, pur se ottuse, e la denuncia di chi non le rispetta);
- il rispetto assoluto delle aree sensibili;
- un atteggiamento pro-attivo che lo spinga a lasciare l'area di caccia in condizioni migliori di come l'abbia trovata, provvedendo alla raccolta dei rifiuti incontrati nel cammino (ad esempio i bossoli abbandonati da altri) e segnalando eventuali situazioni di sofferenza dell'ambiente.
Questi sono i comportamenti che declinano – nella pratica – scienza, conoscenza e coscienza. Aggiungendo un quarto pilastro fondamentale: quello del coinvolgimento personale nelle buone pratiche di gestione.
Se sei interessato alla caccia sostenibile e alla conservazione dell'ambiente e della fauna selvatica, segui la pagina Facebook e l'account Instagram di Hunting Log, la rivista del cacciatore responsabile.