di Matteo Brogi
Gli animalisti e la mistificazione della realtà
La normativa è chiara: i suini presenti in strutture dove si registra un focolaio di psa devono essere abbattuti. Ma non lo è per gli animalisti, che nel pavese hanno dimostrato come - nelle loro gerarchie - l'animale abbia la supremazia sull'uomo
La vicenda che nei giorni scorsi ha visto fronteggiarsi, nel pavese, attivisti a difesa di un rifugio gestito da Progetto cuori liberi (sic) e forze di polizia ha avuto una vasta eco nel mondo animalista. Basata, ovviamente, su ignoranza e disinformazione. Partiamo dai fatti: l'azione si è resa necessaria per far rispettare la legge, nello specifico un'ordinanza di abbattimento di Regione Lombardia del 5 settembre, per far fronte alla presenza, all'interno della struttura, di un focolaio di peste suina; come ben sa chiunque sia minimamente informato sul virus, la peste è altamente contagiosa, non è curabile e, soprattutto, si propaga molto facilmente. La ratio dell'abbattimento sta nel rischio che il focolaio si estenda mettendo a rischio altri allevamenti, attività economiche e tutta la filiera del suino in Italia.
Le forze di polizia a tutela della salute
L'intervento delle forze dell'ordine ha permesso ai veterinari di ATS Lombardia di accedere alla struttura, di sopprimere la decina di suini superstiti e di trattare le carcasse in modo adeguato.
«Nonostante oggi siamo stati sconfitti, continueremo a lottare per difendere i rifugi e l'idea che essi rappresentano», hanno dichiarato gli attivisti secondo L'indipendente. «Un'alternativa di convivenza rispetto a un sistema che uccide per profitto. La proposta di una società dove umani e non umani possano coesistere senza una graduatoria di valore e senza sfruttamento. Dove tutti gli animali possano vivere pienamente la loro esistenza come soggetti e non come risorse da sfruttare e sacrificare (letteralmente macellare) sull'altare degli interessi economici. Una società in cui riscoprirci parte della vita e non suoi dominatori». Progetto Cuori liberi, Lav, LNDC Animal protection e Vitadacani avevano presentato ricorso al Tar della Lombardia.
"Un atto di perversione sociale"
Quest'ultima sigla mi ha fatto tornare alla memoria uno scritto di Konrad Lorenz, il noto zoologo, premio Nobel 1973 per la medicina. Padre fondatore dell'etologia, la scienza che studia l'espressione comportamentale degli animali nel loro ambiente naturale, non può essere accusato di antipatia per il mondo animale. Eppure, proprio negli anni che precedettero l'assegnazione del Nobel, scrisse il saggio E l'uomo incontrò il cane (e qui torna il riferimento alla "vita da cani" di cui sopra) che contiene un passo a mio avviso esemplare per interpretare l'ideologia animalista e quello che è accaduto a Sairano.
Dire che gli animali sono migliori degli uomini è semplicemente una bestemmia; anche per la mente critica del naturalista, che non nomina con futile presunzione il nome di Dio. Quella frase rappresenta un satanico rifiuto dell'evoluzione creativa nel mondo degli organismi viventi. Purtroppo una schiera terribilmente numerosa di amici degli animali, ma soprattutto di coloro che li proteggono, insiste su questo punto di vista eticamente tanto pericoloso. Invece l'amore per gli animali è bello e nobilitante e soltanto quando nasce dal più vasto e generico amore per tutto il mondo vivente, il cui nucleo centrale e più importante deve rimanere l'amore per gli uomini. « Io amo ciò che vive », fa dire J.V. Widmann al Redentore nella sua leggenda drammatica Il Santo e gli animali. Solo chi è in grado di dire lo stesso di sé può dare senza pericolo morale il suo cuore agli animali. Ma colui che, deluso e amareggiato dalle debolezze umane, toglie il suo amore all'umanità per darlo a un cane o a un gatto, commette senza dubbio alcuno un grave peccato, vorrei dire un atto di ripugnante perversione sociale. L'odio per l'uomo e l'amore per le bestie sono una pessima combinazione.
Vale per i cani così come per ogni altra forma di vita animale. E vale per definire la follia animalista.
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