di Matteo Brogi
Come difendersi dagli attacchi di animalisti & Co.
È facile sparare contro noi cacciatori. Perché, nel confronto, siamo quelli che più hanno da perdere. Bisogna allora imparare a capire quando ha senso ribattere alle provocazioni e quando è meglio ignorarle. Il confronto - se cortese e documentato - può essere una utile occasione di crescita
La caccia è un'attività divisiva che porta a confrontarsi valori molto differenti e visioni tra loro spesso inconciliabili. Quando si finisce al centro dell'attenzione di animalisti, vegani e persone portatrici di altri approcci di vita che osteggiano attivamente l'attività venatoria verrebbe quindi istintivo reagire con durezza oppure denigrare gli autori, due atteggiamenti parimenti dannosi. Nel primo caso perché è facile sfogare la frustrazione in forme che, a posteriori, possono essere interpretate come atti aggressivi e strumentalizzati.
Il confronto ha senso, purché sia civile
Nel secondo caso - sottraendoci al confronto, quando civile - ci condanniamo alla marginalità, a confrontarci unicamente con i nostri simili, isolandoci in una echo-chamber (camera dell'eco, un neologismo sdoganato dalla Treccani nel 2017) in cui ciascuno seleziona e riceve solo le notizie e i commenti con i quali concorda a priori, amplificati dalla ripetitiva trasmissione all'interno di un ambito omogeneo e chiuso, in cui visioni e interpretazioni divergenti finiscono per non trovare più considerazione. Una sconfitta del senso critico, in definitiva.
Attenzione alle contestazioni a caccia
Il cacciatore che abbia la sventura di incappare in una contestazione (a volte addirittura organizzata) mentre svolge la sua attività, per quanto possa sembrare paradossale, è la parte debole di un confronto che può portare a conseguenze molto gravi: denunce, processi e - qualora sia dimostrato che la sua reazione è stata inadeguata - condanne, ritiro del porto d'armi e misure drastiche come il Dda (divieto detenzione armi), regolato dall'articolo 39 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, che viene applicato dal Prefetto quando vi sia il pericolo di un abuso nell'utilizzo delle stesse.
Chi disturba l'attività venatoria commette una serie di reati ma la frustrazione di chi li subisce non deve portare ad atteggiamenti fuori dalla legge. Anzi, dovrà allertare le forze dell'ordine e attuare quelle misure che lo tutelino da ogni possibile contestazione: non rispondere alle provocazioni, scaricare l'arma, rimuovere l'otturatore quando possibile e, nel caso partecipi a una forma di caccia collettiva, informare gli altri componenti della squadra in maniera che facciano altrettanto. La battuta andrà sospesa. Gli attivisti vedranno apparentemente ricompensata la propria azione ma non otterranno quella reazione scomposta che cercano per presentare denunce e dimostrare che i cacciatori sono una categoria pericolosa. I propri diritti si faranno valere in seguito, previa denuncia alle forze dell'ordine che risponderanno alla chiamata; l'interruzione di un'attività svolta con i crismi della regolarità configura infatti la violenza provata e il disturbo venatorio.
Chiacchiere da bar
Più semplice - ma solo apparentemente - è il caso in cui il confronto avvenga in un contesto extra venatorio. In questo caso può coinvolgere persone che della caccia hanno una visione distorta, frutto dell'ignoranza e dei pregiudizi veicolati da Associazioni sedicenti ambientaliste e organi di stampa. Sarà utile conoscere profondamente l'attività venatoria per rispondere in maniera documentata alle accuse più fantasiose e, con dati e fatti, svolgere un'azione di educazione. Ci ripetiamo continuamente che la caccia ha un ruolo nella conservazione dell'ambiente e delle specie selvatiche; nel confronto abbiamo l'opportunità di fare testimonianza in favore della nostra passione e, se non la fortuna di convertire chi ci contrasta, almeno quella di disinnescarne le opinioni più maliziose. Purché, ovviamente, il confronto sia civile.
Disinneschiamo i leoni da tastiera
Ben diverso è il caso i cui il confronto avvenga su piattaforme social, dove l'apparente schermo dato dalla disintermediazione del confronto può portare alla rissa. Verbale, certo, ma chi risponde non deve dimenticare che minacce, insulti, offese personali possono delineare anche in questo caso reati che spaziano dalla diffamazione a ben peggio. Anche in questo caso è opportuno fare sforzo di gentilezza e, nel caso il confronto sia inutile, la soluzione migliore è quella di ignorare i commenti, limitandosi a segnalare/bloccare quelli di chi travalica i limiti di un corretto confronto dialettico, per quanto acceso.
Negli ultimi tempi, complice l'indecifrabile algoritmo di Facebook, i post di Hunting Log vengono commentati da utenti che avversano l'attività venatoria e approfittano della bacheca del magazine per demonizzare e offendere i cacciatori. Si tratta di utenti che hanno una visione della vita inconciliabile con la mia ma, non per questo, ritengo che debbano essere tutti censurati proprio per evitare - tra di noi - quell'effetto di camera dell'eco di cui ho scritto precedentemente.
Conoscere le accuse che ci vengono rivolte è utile a rafforzare le nostre opinioni e, in qualche rara occasione, il confronto è possibile e porta conoscenza. Generalmente non lo è: conviene quindi non reagire e lasciare che animalisti, vegani e altri soggetti che cercano di interagire con noi cacciatori, provocando, restino nella propria echo-chamber, una stanza le cui pareti sono edificate all'insegna dell'ottusità, della mancanza di spirito critico e del rispetto della pluralità di visioni che dovrebbe contrassegnare la convivenza civile. Sfruttiamo, semmai, questa opportunità come una palestra per capire più a fondo la nostra passione e allenare la nostra capacità di discernimento e moderazione.
Se sei interessato alla caccia sostenibile e alla conservazione dell'ambiente e della fauna selvatica, segui la pagina Facebook e l'account Instagram di Hunting Log, la rivista del cacciatore responsabile.