di Matteo Brogi
Camoscio appenninico, presentato lo studio del CIC
La delegazione del CIC ha dato alle stampe un importante lavoro che contribuisce alla conoscenza di una delle poche sottospecie endemiche nazionali: il camoscio appenninico
Nel contesto di EOS Show si è svolta l'assemblea annuale dei soci della Delegazione nazionale del Consiglio Internazionale della Caccia e della Salvaguardia della Fauna. Presieduta da Nicolò Amosso, capo della Delegazione italiana, ha visto due momenti particolarmente significativi per la vita del sodalizio.
Silvano Toso, una voce per la gestione
Il primo, l'assegnazione dell'Attestato di eccellenza a Silvano Toso che, secondo la motivazione del riconoscimento, "nell'ambito della conservazione della biodiversità, di cui la fauna fa parte, si è sempre e strenuamente impegnato a trovare e indicare un'equilibrata e tecnicamente corretta linea guida alla quale ricondurre le decisioni gestionali". Toso ha tenuto una lectio brevis dal titolo "Uno sguardo sulla caccia in Europa, tra realtà e miti infondati". Quanto ai luoghi comuni da sfatare, Toso ha evidenziato che l'Italia è uno dei paesi che insidia il maggior numero di specie migratorie nonostante un ritardo nel loro monitoraggio.
La monografia sul camoscio appenninico
È stata inoltre presentata la monografia Progetto camoscio appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata), edita a fine 2023, che segue quella sul Cervo sardo, presentata nel 2022. Anche in questo caso, si tratta di un testo che offre visibilità a una sottospecie endemica italiana dal punto di vista del trofeo assolutamente peculiare; lo studio che la sostiene ha comportato la valutazione dei trofei conservati presso le collezioni naturalistiche del Parco Naturale d'Abruzzo, Lazio e Molise nel corso di due distinte campagne nel 2010 (9 trofei) e nel 2018 (8 trofei). Le misurazioni hanno confermato le peculiarità della specie, che evidenzia una maggior lunghezza e divaricazione delle corna rispetto a quelle del camoscio alpino. Da segnalare anche la totale mancanza di resina sulle stesse.
La prefazione di Sandro Lovari evidenzia come i camosci appenninici poterono salvarsi dall'estinzione grazie all'istituzione della Riserva di Caccia Reale, trasformata in Parco nel 1922. Dopo le riduzioni causate dal bracconaggio nel corso delle due guerre mondiali, la popolazione si è estesa fino a una consistenza di circa 3.000 esemplari grazie a immissioni nel Parco Nazionale del Gran Sasso - Monti della Laga, nel Parco Nazionale della Majella, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini e nel Parco Regionale del Sirente-Velino. Il camoscio appenninico viene sempre considerato come "vulnerabile d'estinzione" dalla IUCN oltre a essere elencato tra le specie particolarmente protette dalla legge 157/92. Il declassamento è improbabile e sarebbe inopportuno - sottolinea Lovari - anche a causa dei cambiamenti climatici che, anticipando di circa un mese la stagione vegetativa, creano criticità nello svezzamento dei piccoli.
Un contributo alla conoscenza
Il camoscio meridionale è riconoscibile da quello settentrionale per differenze morfologiche, biometriche, comportamentali e genetiche. Le ipotesi sulle origini di questa differenziazione sono varie e Lovari riporta, come più probabile, quella di una popolazione presente in Europa già durante la glaciazione di Riss (347.000-128.000 anni fa) che si sarebbe incontrata con una popolazione proveniente da est o nord-est ai tempi della glaciazione di Würm (115.000-11.600 anni fa).
Il volume, oltre alla prefazione di Lovari, porta la relazione tecnica stilata dalle Commissioni di rilevazione e nove schede di valutazione di trofei facente parte della collezione osteologica dell'Ente Parco.
Il lavoro del CIC rappresenta un importante contributo alla conoscenza del camoscio appenninico e «dimostra che i mondi venatorio e ambientalista possono lavorare in sintonia per produrre un risultato non ottenibile singolarmente», ha evidenziato Amosso. Le schede di valutazione, elaborate secondo il Trophy evaluation system del CIC, anche se a volte incomplete a causa del cattivo stato di conservazione del trofeo, rappresentano un essenziale documento per le future indagini biometriche.
Per maggiori informazioni sulla pubblicazione è possibile contattare la Delegazione italiana del Cic.
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