di Matteo Brogi
Caccia ad avancarica: una scelta sostenibile e responsabile?
La caccia ad avancarica è l'estrema frontiera con cui si confronta chi vuole vivere la pratica venatoria in maniera... immersiva. Richiede di conoscere in maniera profonda la fauna, l'ambiente e le leggi della balistica e impone un confronto leale con il selvatico
Lo sviluppo tecnologico che ha interessato il settore armiero a partire dalla seconda metà del diciannovesimo secolo ha ampliato a dismisura le capacità offensive degli strumenti che abbiamo tra le mani. Al tempo stesso ha spazzato via alcune remore e in definitiva affidato al cacciatore un senso di onnipotenza che ha travolto alcune delle regole etiche che regolavano in precedenza il prelievo venatorio. E contribuito, come effetto collaterale, a mettere a rischio specie di alto valore biologico.
Una carabina moderna camerata in un calibro prestante, abbinata a una munizione affidabile e a un'ottica di qualità, sposta il limite teorico del prelievo a distanze che di etico hanno poco o nulla. In rete circolano video di caprioli abbattuti a oltre un chilometro e sono molti i cacciatori che raccontano di prelievi effettuati oltre i 500 metri. Fatti salvi i casi particolari (penso in particolare alle cacce asiatiche), fatico a considerare tutto questo come caccia. Si tratta, piuttosto, di una sfida per la sfida, che preferirei venisse limitati al tiro in poligono, su un bersaglio di carta. Oltre i 300 metri, ammesso e non concesso che il cacciatore abbia il pieno controllo delle proprie capacità e delle prestazioni dell'arma che imbraccia, le variabili ambientali restituiscono un'elevata aleatorietà al tiro. Lo so, è un'opinione impopolare ma non so che farci. È comunque un pensiero che condivido con molti altri cacciatori, altrimenti non si spiegherebbe l'interesse che suscitano forme di prelievo come la caccia ad avancarica e quella con l'arco, che impongono una notevole conoscenza dell'ambiente naturale e del selvatico che si insidia.
Ha ancora senso cacciare con un'arma ad avancarica?
Negli Stati Uniti il movimento della polvere nera presenta un nutrito esercito di adepti. Si parla addirittura di 4 milioni e mezzo di cacciatori, invogliati ad abbracciare una filosofia più intimista e riflessiva dall'esistenza di una specifica stagione venatoria che in molti casi anticipa, in altri estende, quella regolare. Leggi e regolamenti hanno fatto crescere il movimento facendo leva sull'istinto venatorio di una popolazione dedita all'outdoor nelle sue varie liturgie. Si potrà mai replicare qualcosa di simile in Italia? Difficile dirlo anche se è certo che un'apertura di credito nei confronti della caccia ad avancarica dovrà fare i conti con pregiudizi, un numero di cacciatori limitato e in drastico calo e con amministrazioni pubbliche non particolarmente reattive a cogliere le tendenze che provengono dal basso.
Coloro che seguono la tradizione e la polvere nera sembrano a volte sacerdoti di riti esoterici e, nei loro racconti, evocano l'amore per il bel gesto, per la ponderatezza che ispira l'azione (una sorta di approccio slow contro quello fast che è la vera schiavitù dei nostri tempi), un'aura di romanticismo legato a un periodo storico per certi versi eroico. Ma questo non basta. Per poter essere praticata ancora oggi, la caccia con armi a polvere nera deve rispondere a due esigenze fondamentali che nel corso del ventesimo si sono imposte nel nostro sistema di valori: la sicurezza e l'eticità del prelievo, che deve essere pulito e senza inutili sofferenze per il selvatico.
Cacciare ad avancarica: sicurezza e balistica
Per quanto riguarda la sicurezza, non c'è molto da dire. Le armi progettate in epoca recente si avvantaggiano di materiali che ne incrementano la sicurezza oltre ogni ragionevole limite e dispongono di meccanismi (il transfer bar, per esempio) che le equiparano a strumenti di concezione contemporanea.
Non si può nascondere che la velocità sviluppata dalla polvere nera (quindi l'energia) e la caduta del proiettile (influenzata dalla sua massa) sono elementi che incidono sulle distanze d'ingaggio. Il discorso è molto articolato perché impone delle scelte e un'acquisizione di consapevolezza. Nel cacciare ad avancarica molta attenzione deve essere posta nella scelta del proiettile; gli sviluppi tecnologici hanno permesso di superare il limite imposto dalle tradizionali palle troncoconiche in piombo in direzione di proiettili moderni come la palla SST ML di Hornady, che ricalca in tutto e per tutto il proiettile pensato per la linea che il produttore americano dedica alle carabine. Ciò premesso, è comunque fondamentale conoscere con precisione la curva balistica prodotta dalla dose di polvere impiegata in abbinamento alla palla utilizzata.
Sempre di caccia si tratta
La caccia ad avancarica rappresenta un terreno sul quale sarebbe bello che ogni cacciatore, almeno una volta, si misurasse. Se affrontata con responsabilità e la corretta dose di conoscenze impone un confronto molto leale con il selvatico. Le distanze devono essere necessariamente più breve perché - anche in presenza di armi capaci di una precisione notevole sulle lunghe distanze - va tenuta in considerazione l'energia terminale, inferiore a quella di un'arma a retrocarica.
Le procedure che precedono il tiro - mi riferisco al caricamento - possono apparire anacronistiche ma impongono un accesso più meditato alla pratica venatoria. Un'esaltazione della lentezza del movimento, della meditazione, della cura e della dedizione per quello che ci piace. Una sfida che ci impone di conoscere le abitudini del selvatico che abbiamo nel nostro piano di abbattimento per avvicinarsi a sufficienza ed effettuare un tiro con le necessarie possibilità di successo. Insomma, un altro livello di caccia, un livello evoluto, dove non è bravo chi spara più lontano ma chi sa integrarsi nel modo migliore nell'ambiento che lo circonda.
Questo articolo sviluppa i miei contenuti pubblicati su Caccia Magazine di gennaio 2020 e gennaio 2021.
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