di Redazione
Influenza aviaria, ancora un contagio nell'essere umano
Il quarto contagio nell'uomo aumenta la preoccupazione nei confronti del virus dell'influenza aviaria. Una malattia che potrebbe avere forti ripercussioni anche sull'attività venatoria
Il Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) degli Stati Uniti ha confermato il quarto caso umano di influenza aviaria. Si tratta di un contagio collegato all'epidemia che sta colpendo le vacche da latte negli Usa e che sta riaccendendo i riflettori sulla pericolosità della malattia veicolata principalmente dagli uccelli selvatici. L'agenzia americana ha comunque precisato che al momento non cambia la valutazione del rischio che l'infezione rappresenta per la salute umana, attualmente considerato basso.
Ciononostante, l'evoluzione del virus, che negli ultimi mesi si registra con crescente frequenza nei bovini e che, in questo caso, mostra un'apparente maggiore capacità di contagiare l'uomo, preoccupa particolarmente le autorità sanitarie di tutto il mondo. In entrambe le situazioni, sia che a essere colpiti siano il bestiame da reddito o l'uomo, il timore è che il virus possa arrivare a essere una minaccia concreta per l'economia e per la salute umana.
Quanto accaduto con la peste suina africana, che non è in grado di contagiare l'uomo, ma che rappresenta "solo" una minaccia economica per il settore suinicolo e il suo comparto, ci ha insegnato come le iniziative di prevenzione e contrasto impattino pesantemente sull'attività venatoria e non solo. Un aggravamento della situazione legata al virus dell'aviaria, o semplicemente un aumento del livello di guardia, potrebbe portare a un inasprimento delle prescrizioni legate all'attività venatoria. È quindi fondamentale che il mondo venatorio dedichi attenzione al tema, anche al fine di non ripetere gli errori commessi nel caso della Psa.
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