di Redazione
La braccata è incompatibile con il controllo del cinghiale
Il Tar delle Marche ha sentenziato che la braccata non può essere considerata una tecnica di controllo del cinghiale
I cinghialai si mettano il cuore in pace. Dopo Ispra, anche i giudici amministrativi hanno ribadito che la braccata non può essere utilizzata come tecnica di controllo del cinghiale. In particolare il Tar delle Marche, chiamato a esprimersi sul ricorso presentato dalle associazioni animaliste contro il Piano di controllo del cinghiale 2018-2023, ha annullato la previsione dell'utilizzo della braccata come metodo di controllo. Il ricorso, che era stato presentato addirittura nel 2018, chiedeva la censura del piano in diversi punti, ma l'unica contestazione ad essere accolta è risultata quella in merito alla braccata.
La posizione di Ispra è nota. Secondo l'Istituto la braccata con cani da seguita non assicurerebbe la selettività del prelievo e avrebbe impatti su specie non-target. Inoltre tale tecnica apparirebbe in grado di favorire l'erratismo dei cinghiali e questo avrebbe risvolti negativi su più fronti. Per i tecnici di Ispra, inoltre, sarebbe da considerarsi una braccata e, come tale, da escludere dalle tecniche utilizzate per il controllo, qualunque intervento che preveda l'utilizzo di più di un cane compresa la girata con due o tre cani, ancorché abilitati come limieri.
Per meglio comprendere la portata di questa sentenza, va comunque tenuto in considerazione il fatto che la trattazione del ricorso ha richiesto ben cinque anni. In questo lasso di tempo, nonostante la posizione di Ispra non sia mutata, la comparsa della Psa ha inciso profondamente sule modalità di gestione della specie. L'ordinanza del commissario straordinario per l'emergenza contempla, infatti, limitatamente ai territori ricompresi entro i 10 km dal confine della zona infetta (ZRII), la possibilità di effettuare abbattimenti "tramite girata e battuta con l'uso massimo di tre cani".
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