di Redazione
Ricorsi, in Emilia Romagna il Tar fa saltare l'apertura
Il Tribunale amministrativo dell'Emilia Romagna ha sospeso la validità delle previsioni del calendario venatorio laddove si discostano dal parere Ispra
In Emilia Romagna l'apertura è rinviata al 1 ottobre 2023. È questa la prima delle conseguenze dell'ordinanza emessa dal Tribunale amministrativo regionale di Bologna. L'intervento dei giudici si è reso necessario in seguito al ricorso presentato dalla Lac che chiedeva l'annullamento previa sospensione dell'efficacia, della deliberazione della Giunta regionale dell'Emilia Romagna che approvava il calendario venatorio regionale.
Secondo il Tar «le raccomandazioni adottate dall'ISPRA si rivelano, alla stregua dei dati disponibili e in mancanza di elementi istruttori di segno contrario contraddistinti da base scientifica di eguale livello, maggiormente aderenti al principio di precauzione» e di fatto tanto basta a sospendere l'efficacia di ogni previsione in contrasto con il parere emesso dall'istituto di Ozzano in attesa della discussione del ricorso. Il giudici bolognesi hanno quindi disposto che l'apertura della caccia programmata a tutte le specie di piccola selvaggina slitti al 1 ottobre 2023, che la chiusura della stessa avvenga secondo quanto previsto nel parere e la limitazione a una sola giornata aggiuntiva di caccia nei mesi di ottobre e novembre.
Per il mondo venatorio, quel che però risulta ancor più grave, alla luce della consuetudine che si sta venendo a creare, è che il Tar abbia fissato l'udienza per la discussione del ricorso al 26 marzo 2024. Tale data, oltre di fatto a rendere la sospensiva cautelare un atto "definitivo" che compromette l'intera stagione, rischia di rendere la trattazione del merito del ricorso impossibile o inutile, in quanto, alla data dell'udienza, l'atto impugnato avrà già perso di validità.
Bisognerà vedere se gli altri Tribunali amministrativi sposeranno la linea di quello bolognese, ma un simile approccio evidenzia in maniera sempre maggiore il vulnus di un sistema che, per come è congegnato e organizzato, rende ormai quasi impossibile la tutela dei diritti di una delle due parti coinvolte. Urge l'intervento del legislatore, il solo in grado di porre rimedio.
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