di Redazione
Sul controllo gli animalisti continuano a non voler ragionare
«Le Regioni e le Province autonome provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto». Sono bastate queste semplici parole, contenute in un emendamento alla finanziaria presentato da un gruppo di parlamentari di FdI, per scatenare l'ira di tutto il mondo animalista. Dall'associazionismo agli esponenti parlamentari dei partiti maggiormente schierati a difesa degli animali.
L'emendamento, ben più articolato della sola frase riportata, è ovviamente pensato per agevolare l'attuazione di quanto già oggi previsto dal'articolo 19 della l.157 e lo stesso tema del controllo faunistico si pone nell'alveo di quel riequilibrio ambientale che è il cardine sul quale è imperniata tutta la legge. A distanza di trent'anni è ormai evidente a tutti (animalisti a parte) che, se nel '92 riequilibrare significava proteggere e vietare dedicando un solo breve articolo al controllo, oggi, per alcune specie, sono necessari interventi gestionali di rimozione maggiormente incisivi e per farlo serve approfondire quanto già previsto dall'articolo 19.
Ciononostante il mondo animalista è subito salito sulle barricate. «Se l'emendamento "caccia selvaggia" venisse approvato, una ristretta categoria di individui, sempre più isolata dal tessuto sociale, sarebbe autorizzata a fare strage di animali selvatici e a mettere in pericolo la pubblica incolumità con il pretesto del controllo della fauna» hanno tuonato in una nota congiunta Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf e sull'argomento è intervenuto anche l'ex ministro Sergio Costa, che ha affermato: «Ci opporremo con tutte le forze a questo emendamento che configura la licenza di uccidere gli animali selvatici anche in parchi ed aree protette».
Ci chiediamo come si possano continuare a supportare, avendo sotto gli occhi il mondo reale, simili tesi. Città invase dai cinghiali, malattie della selvaggina che mettono a rischio interi comparti produttivi, problemi di sicurezza e viabilità e un'agricoltura messa in seria difficolta non sono evidentemente sufficienti a far capire che la fauna va gestita e che, talvolta, "gestire" può significare abbattere. L'auspicio è che i tempi siano finalmente maturi affinché il governo, indipendentemente dal colore politico, metta mano ad una legge scritta in un momento in cui la situazione della fauna nel nostro paese era completamente diversa da quella di oggi.
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